carattere. Finestra di approfondimento
In senso psicologico - Il termine c. è impiegato per lo più in accezione psicologica, come sinon. di animo, indole, natura, personalità, temperamento. Rispetto ai sinon., tuttavia, c. è meno generico nel designare l’insieme delle caratteristiche psichiche di un individuo. Si può alternare in quasi tutti i contesti soltanto con indole, che è però una parola più ricercata: con la generosità dell’indole e col fervor dell’ingegno poteste aprirvi il volo alle più erte cime del sapere (G. V. Gravina). Animo rimanda, talora nell’uso lett., a caratteristiche prevalentemente positive o comunque alla natura più profonda e inspiegabile della personalità umana: avere un animo nobile o essere nobile d’animo (ma anche d’animo malvagio); vi volevano de’ motivi sensibili che bastassero a distogliere il dispotico animo di ciascun uomo dal risommergere nell’antico caos le leggi della società (C. Beccaria). Natura designa per lo più caratteristiche istintive: la sua natura più profonda è quella dell’eremita. Mentre personalità rimanda spesso a caratteri complessi, sfaccettati o comunque a un insieme di tratti: una personalità difficile e controversa; qui è Laura nella sua chiarezza e personalità di donna (F. De Sanctis). Temperamento è spesso impiegato in contesti in cui si parli di caratteri inclini alla reazione istintiva e anche alla prevaricazione o sim.: ha un temperamento assai battagliero; ma si può avere anche un buon temperamento: felice quello che nasce di buon temperamento, ma più felice chi ha la sorte d’avere una buona educazione (C. Goldoni).
Usi assoluti e locuzioni - Sia c. sia personalità sia, più raram., temperamento hanno anche uso assol.: avere c. significa «essere coraggioso, determinato, risoluto, tenace, avere energia, forza, grinta, volontà». Ma anche un vino abbastanza forte, e dal gusto ben definito, può avere carattere. Molto simile è il concetto espresso da avere personalità, che equivale più o meno ad essere deciso, tenace. Per temperamento, assol., si intende di solito un carattere fiero e battagliero: è una donna di temperamento. Abbastanza com. è anche la locuz. di c., che può significare deciso, determinato, risoluto (ma Antonio Ferrer, il quale era quel che ora si direbbe un uomo di c., rispondeva che i fornai s’erano avvantaggiati molto e poi molto nel passato [A. Manzoni]), ma anche di parola, orgoglioso, tutto d’un pezzo: per esser uomo di c., per non transigere, perde un patrimonio, e non glie ne importa niente! (F. De Roberto). Se si vuole sottolineare la capacità di farsi rispettare, talora anche in modo autoritario, sarà più appropriata la locuz. di polso, oppure gli agg. energico e fermo. Grintoso, tenace e volitivo indicano invece chi sa quello che vuole e fa di tutto per ottenerlo, senza demordere. Il contr. è senza c., con i sinon. apatico e indifferente. Nell’uso volg., d’una persona di carattere si può anche dire che ha le palle (o i coglioni) o che è con le palle, e sim.: è un uomo (o una donna) con le palle quadrate; ha due palle così. Al contr., senza palle (o coglioni).
Altri significati - Il dim. eufem. e iron. caratterino indica, con valore spesso scherz., un carattere difficile, per lo più iroso, capriccioso e volubile, ed equivale dunque a caratteraccio. Chi ha un caratterino, può essere definito difficile, lunatico, scontroso, scorbutico. Alcuni usi assol. di c. si sono specializzati nel lessico teatrale e musicale: oggi meno com. di un tempo è l’uso di c. come sinon. di personaggio principale, protagonista (tuttora vivo nell’ingl. character): vogliono, che il c. principale sia forte, originale, e conosciuto, che quasi tutte le persone che formano gli episodi siano altrettanti caratteri (C. Goldoni).
Per commedia di c. si intendeva una commedia che privilegiasse l’analisi psicologica dei personaggi (ovvero, basata sul personaggio e sul testo piuttosto che non sulle mirabolanti avventure delle maschere, e contrapposta dunque alla commedia dell’arte): commedia di c. fu detta, dove l’azione è mezzo a mettere in mostra un c. (F. De Sanctis); mentre danza di c. è un genere di balletto (affidato al ballerino di c.) che privilegia aspetti grotteschi, buffi e atletici. Di mezzo c. (usato soprattutto per opere liriche e balletti) sarà un’opera stilisticamente intermedia tra genere drammatico e genere buffo (più spostata verso il secondo). Tenore di mezzo c. è un tenore dalla voce chiara e acuta, talora anche in falsetto, adatto soprattutto per ruoli buffi o elegiaci. Caratterista è chi interpreta, al teatro o al cinema, ruoli comici secondari rispondenti a delle caratteristiche ripetute (il soldato vanaglorioso, il vecchietto del west, ecc.).
Se riferito a un segno distintivo (anche per cose o situazioni), c. è sinon. di caratteristica; similmente si parla di attributo, connotato (limitato per lo più a caratteristiche esteriori, fisiche: mi scopro con terrore nei connotati di queste / persone [G. Ungaretti]), connotazione (limitato per lo più a caratteristiche interiori oppure stilistiche, sfumature e sim.: il nostro incontro non fu privo di connotazioni comiche), particolarità e peculiarità (per caratteristiche fuori dall’ordinario o quantomeno limitate a ciò di cui si sta parlando), proprietà, qualità, requisito, tratto. Si può parlare di caratteristiche anche di un essere umano: in tal caso, rispetto a c., si designerà piuttosto un singolo aspetto o una proprietà: è sul lavoro che mostra le sue caratteristiche migliori.