casa
s. f. [lat. casa, propr. «casa rustica»]. – 1. Costruzione eretta dall’uomo per propria abitazione; più propriam., il complesso di ambienti, costruiti in muratura, legno, pannelli prefabbricati o altro materiale, e riuniti in un organismo architettonico rispondente alle esigenze particolari dei suoi abitatori (è, come abitazione, termine generico, che sostituisce talora termini più particolari, come palazzo, palazzina, villa, villino, ecc.): c. di città, c. di campagna, c. rustica, c. colonica; c. soleggiata, ariosa, buia, esposta a mezzogiorno, a ponente; una zona di c. signorili; c. prefabbricate; c. popolari, costruite con finanziamenti dello stato o di altri enti pubblici e cedute con bassi canoni di affitto o a riscatto. Con denominazione propria e specifica: c. cantoniera, v. cantoniera1; c. forte, dimora signorile medievale, per lo più in campagna, che, pur senza avere l’apparato fortificatorio di un castello, poteva all’occorrenza essere difesa dagli assalti esterni; c. torre, v. casatorre; c. mobile, casa prefabbricata, specie di grossa roulotte, generalmente di legno con parti in laminati plastici o in lamierini d’acciaio, che può essere trasportata su appositi sostegni a ruote trainabili. Come nome proprio, e con sign. più ampio, Casa Bianca (traduz. dell’ingl. White House), la residenza del presidente degli Stati Uniti, e, per estens., il governo statunitense. 2. Edificio in cui convivono o sono accolte, per limitati periodi di tempo e per motivi particolari, determinate categorie di persone; l’istituzione stessa che l’amministra e il personale che è addetto al suo funzionamento: c. di cura (o anche c. di salute, per calco del fr. maison de santé), ospedale privato, clinica per particolari malattie; c. di riposo (o di ricovero, o anche assol. ricovero), istituto destinato a ospitare e assistere, gratuitamente o quasi, vecchi bisognosi di assistenza, infermi di malattie croniche; si chiamano c. di riposo anche speciali istituti, fondati espressamente per accogliere e assistere, al cessare della loro attività di lavoro, categorie particolari di persone, come ex ufficiali, artisti, attori, musicisti; c. di pena, prigione, reclusorio; c. di correzione, di cura e di custodia, di lavoro, di rieducazione; c. dello studente, istituto che fornisce agli studenti, in genere universitarî, alloggio e vitto; c. del soldato, luogo di ritrovo e di assistenza per militari di truppa di passaggio o che fanno parte d’una guarnigione; c. dei bambini, nome di istituti per bambini ideati da M. Montessori (1870-1952). Carattere proprio avevano, e in alcuni luoghi hanno, le c. del popolo, istituzioni create fin dalla prima costituzione del movimento operaio come luogo d’incontro e di riunione, sedi della cooperativa di consumo, della biblioteca, del circolo ricreativo, ecc.; con funzioni analoghe furono istituite, nel periodo del regime fascista, le c. del fascio. 3. a. Appartamento, o anche intero edificio, che una persona o una famiglia abita; con questo sign., è usato di norma solo al sing., e per lo più senza articolo, soprattutto quand’è seguito da agg. poss. (c. mia, c. tua; ma, con compl. di specificazione o agg. equivalenti, la c. di mio zio, la c. paterna), e nei varî usi con prep. (in c., di c., a c., per c., ecc.): avere, non avere una c. propria, o, più brevemente, avere, non avere casa; seconda c., quella, di proprietà, usata come residenza per i periodi di vacanza; ognuno è padrone a c. sua; non ci si comporta così in c. d’altri!; hanno suonato alla porta di c.; fermarsi a chiacchierare davanti a c.; andare al bar sotto c.; rovistare per tutta c.; essere in c., stare e restare in c. o a c., andare a c., tornare a c., rientrare in c.; avere qualcuno per c., per lo più con allusione a estranei o a persone moleste (e così, non volere gente per c.); mettersi il diavolo in c., fig., accogliere in casa persona noiosa, brontolona, che può creare fastidî; stare di c. in un posto, abitare, vivere: sta di c. in via Crispi, sta di c. a Milano (anche fig., fam., non sa dove stia di c. l’educazione); cercare c., per prenderla in locazione o per acquistarla; cambiare c., traslocare; mettere su c., ammobiliarla, arredarla dell’occorrente per abitarvi (anche fig., sposarsi e andare ad abitare in un appartamento proprio); mandare via di c., sfrattare (fig., escludere dalla convivenza con la famiglia); donna di c., che attende personalmente alle faccende domestiche, casalinga; maestro di c., maggiordomo; tagliatelle, dolci fatti in c., di manifattura casalinga. b. Frasi fig.: riportare la pelle a c., ritornar vivo dalla guerra, da qualche incidente o avventura rischiosa; tenere le mani a c., non metterle addosso ad altri, non fare atti confidenziali; tenere la lingua a c., tenerla a posto, frenarla; avere il cervello a c., avere la testa a posto, ragionare assennatamente; essere a c. propria, essere molto pratico di qualcosa: in fatto di motori io sono a c. mia; fam., a c. mia, secondo il mio uso, secondo il mio modo di vedere: questa, a c. mia, si chiama maleducazione. Proverbî: casa mia, casa mia, per piccina che tu sia (opp. bella o brutta che tu sia), tu mi sembri una badìa; ne sa più un pazzo in c. sua che un savio in c. d’altri; è meglio essere il primo in c. sua che il secondo in c. altrui; parlare di corda in c. dell’impiccato, di argomenti che procurano dolore o vergogna in chi li ascolta. c. estens. Patria, paese dove uno abita: conoscere la storia di c. nostra; quindi, c. d’altri, un paese straniero. Nel linguaggio sport. si dice che una squadra gioca in c., quando disputa un incontro sul proprio campo, fuori c., quando disputa un incontro sul campo dell’avversario; quindi, i padroni di c., la squadra ospitante. Nel calcio e sim., casa è detta talvolta anche la porta, con riferimento al portiere che la difende. d. Per estens. del sign. 3 a, è chiamato casa (o casina, casetta), nell’uso fam., il guscio o conchiglia dei molluschi, e in zoologia il nicchio dei tunicati. 4. a. Insieme di persone viventi in uno stesso ambiente, o in una stessa comunità, o accomunate dall’appartenenza a uno stesso partito o ideale politico: c. religiosa, comunità di religiosi; c. madre, di un ordine religioso, quella da cui dipendono altre case religiose; c. professa, quella dove i religiosi si preparano alla professione dei voti; C. delle libertà, il gruppo dei partiti della coalizione di centro-destra (altrimenti detto Polo per le libertà) riuniti sotto la leadership di Silvio Berlusconi a partire dalle elezioni politiche del 2001. b. Più particolarm., le persone conviventi di una stessa famiglia e quindi anche la famiglia stessa: tanti saluti a c. tua; pensare a c., scrivere a c.; è lui che tira avanti la c., guadagna quanto occorre per mantenere la famiglia; telefona a c. Rossetti (e mettendosi in contatto telefonico: Scusi, parlo con c. Bianchi?); è molto ricco di c. sua; appartiene a una c. rispettabile; ricòrdati che sei in una c. per bene; possiamo parlare con libertà, Giorgio è di c., è uno della famiglia, è persona intima; prendere in c. qualcuno, accoglierlo come parte della propria famiglia; è tutto c., è tutto di c., è tutto c. e famiglia, di chi ama la famiglia e preferisce stare in casa con i proprî che andare a divertimenti o sim.; essere c. e chiesa, attaccato alla famiglia e molto religioso; fare c. con qualcuno, fare c. comune, abitare insieme, nello stesso appartamento, formando quasi un’unica famiglia; fare gli onori di c., compiere gli atti di cortesia che spettano agli ospiti. c. Per estens., famiglia nobile e ricca, casato, stirpe, discendenza, dinastia: La fama che la vostra c. onora (Dante); disse ... che non si faceva così, e ch’era una c. grande, e che ai signori non si dice di no (Manzoni); è l’ultimo discendente di una nobile c.; C. Reale, i regnanti e i principi di sangue reale (anche posposto, nella locuz. fornitori della Real Casa); la C. d’Asburgo, la C. di Francia (ma: la casa civile e militare del capo dello stato, l’insieme dei funzionarî civili e dei militari addetti alla sua persona; e con sign. analogo la casa pontificia: v. pontificio). 5. Ditta, impresa, società commerciale: c. editrice; c. di commercio; c. di pegno, agenzia privata di prestiti su pegno; c. di spedizioni, ecc.; anche come nome generico: è una c. di antica tradizione; specialità della c., vino della c., prodotto dal proprietario del ristorante. Il termine compare inoltre nell’insegna di negozî di vendita di determinati prodotti: c. del caffè, c. del prosciutto, c. dell’arredamento, del giocattolo, dell’automobile; c. di moda, di confezioni. 6. a. Nel gioco degli scacchi o della dama, ognuno dei 64 quadrati in cui è divisa la scacchiera, alternativamente bianchi e neri, disposti in otto colonne verticali e in otto file trasverse orizzontali. b. Nel gioco di sbaraglino o tavola reale, due pedine accoppiate sopra uno stesso segno del tavoliere. 7. Ciascuna delle dodici regioni in cui l’astrologia antica immaginava suddiviso il cielo stellato, a ognuna delle quali competeva un particolare influsso nell’oroscopo in funzione della posizione dei pianeti. In partic., c. lunare, ciascuna delle 28 parti (corrispondente approssimativamente al percorso di un giorno) in cui gli antichi astronomi e astrologi suddividevano la striscia di cielo percorsa dalla Luna in una sua rivoluzione. 8. Locuzioni partic.: c. di Dio o del Signore, la chiesa; c. del diavolo, l’inferno; mandare a c. del diavolo, mandare all’inferno, togliersi uno dai piedi; abitare a c. del diavolo, fuori di mano, in luogo difficile a raggiungersi; fare una c. del diavolo (ma anche, spesso, con l’articolo masch., riferito all’intera locuz.: fare un casa del diavolo), un gran baccano; succedere una (o un) c. del diavolo, gran disordine o confusione: nel villaggio successe una c. del diavolo quando volevano mettere il dazio sulla pece (Verga). Denominazioni speciali sono inoltre: c. di bambola, costruzione in miniatura, per lo più di legno, fatta a imitazione delle reali case d’abitazione e riproducente in scala la disposizione delle stanze, il mobilio e l’arredo in modo da completare il gioco di simulazione con le bambole (in senso fig., abitazione molto piccola con arredi particolarm. decorati e leziosi: viveva in una c. di bambola); c. da (o di) gioco, luogo di convegno destinato al gioco d’azzardo; c. da tè (v. tè1); c. di tolleranza, postribolo (in quanto era tollerato dalla legge), detto pure, con altri eufemismi, c. equivoca, c. chiusa, c. di comodo, c. squillo, c. di appuntamenti, ecc. ◆ Dim. casina, casétta, casettina; vezz. e spreg. casùccia; accr. casóna, o casóne m., con accezione partic. (v.); pegg. casàccia (v.). V. anche casello, casino, casipola, casotto, casupola. TAV.