cateratta
(o cataratta) s. f. [dal lat. cataracta o catarr(h)acta, gr. κατα(ρ)ράκτης «cascata, chiusa, saracinesca», der. di κατα(ρ)ράσσω «cader giù»]. – 1. Stretta zona dell’alveo fluviale originata comunemente dall’erosione di una cascata, e distinta dalla cascata tipica (con unico, grande salto) perché frazionata in numerosa serie di piccoli salti alternati a sporgenze rocciose (esempio tipico, le cateratte del Nilo o catadupe). 2. In idraulica, termine col quale s’indicava, in passato, un’opera di sbarramento (paratoia) di un corso d’acqua, o anche il conoide che la vena liquida forma all’uscita di una bocca a battente. 3. Cateratte del cielo, traduzione dell’espressione biblica cateractae coeli, a proposito del diluvio: si apersero le c. del cielo, e venne in quaranta giorni, e quaranta notti tant’acqua, che rimasero affogati gli stessi monti (Segneri); quindi, aprirsi le c. del cielo (e anche piovere a cateratte), piovere a dirotto; fig.: eloquenza, stile a cateratte, abbondante, strabocchevole. 4. a. Saracinesca che chiudeva un tempo le entrate di castelli o città fortificate. b. Uscio a c., lamiera di ferro ondulata, avvolgibile, per chiusura delle botteghe, detta più comunem. saracinesca. c. ant. Portello in genere, e anche apertura, spec. quelle praticate nei pavimenti, per dare accesso a un locale soprastante o sottostante. 5. In oculistica, opacamento del cristallino, o della sua capsula, o di entrambi; è in genere acquisita, come fenomeno degenerativo legato alla senilità, o conseguente a lesioni traumatiche dell’occhio, o a fatti morbosi, sia locali sia generali (diabete, intossicazioni, ecc.): essere operato di cateratta, mediante asportazione chirurgica del cristallino.