cavolo
càvolo s. m. [voce di origine merid.: lat. tardo caulus, dal gr. καυλός «fusto, stelo, cavolo», da cui pure il lat. caulis: v. caule]. – 1. Pianta erbacea delle crocifere (Brassica oleracea), di cui esistono specie selvatiche, e altre coltivate con numerose varietà. Tra queste le più note sono il cavolfiore, il c. cappuccio, la verza o c. verzotto, il broccolo, il c. di Bruxelles, il c. rapa (che deve il nome all’ingrossamento globoso alla base del fusto), il c. a foglia, una cui cultivar è il cosiddetto c. nero, piante tutte commestibili, che richiedono terreno profondo, concimato, e acqua abbondante. 2. fig. Persona goffa e sciocca: Or colui regge a suo voler le scene, E noi per tanti c. ci tiene (Pananti). Ricorre inoltre frequente in espressioni ed esclamazioni pop., nate alcune con riferimento al poco valore del cavolo, altre per sostituzione eufem. di parola triviale: testa di c., imbecille; non valere o non contare un c., non contare per nulla, non avere nessuna importanza; fatti i c. tuoi!, occupati dei fatti tuoi, non ti immischiare; non me ne importa un c., non me ne importa affatto; non capisce un c., un’acca, niente; col c.!, neanche per sogno!: col c. che lo trovi, col c. che ci vado!, e come esclam. di meraviglia e sim., cavolo!; anche con il pron. che interr. o esclam.: che c. vuoi?, che c. fai?; un po’ di pazienza, che cavolo! 3. Locuzioni e modi prov.: c. riscaldato, cosa vecchia e che si vuol far passare per nuova (talora anche amicizia rotta e poi rinnovata o sim.), da cui i prov. serva ripresa (o prete spretato) e c. riscaldato non fu mai buona (buono), e i c. riscaldati furono buoni ma non lodati, che si dicono quando si ripete una prova riuscita male una prima volta e che si ha poca speranza riesca nella seconda; salvare capra e cavoli (v. capra); andare a piantar cavoli, ritirarsi dal mondo, in solitudine; andare tra i c. o a ingrassar cavoli, morire; Vo’ fare un lascito Nel testamento D’andar tra’ cavoli Senza il «qui giace» (Giusti); portare cavoli a Legnaia (località alla periferia di Firenze, ricca di orti), locuz. fior. equivalente alle più com. «portar nottole ad Atene», «portar vasi a Samo»; entrarci come i c. a merenda, non avere nessuna attinenza con l’argomento trattato, essere inopportuno; portare il c. in mano e il cappone sotto, fare mostra della cosa più povera e tener nascosto il meglio. 4. Nome di altre piante: a. C. di lupo: pianta erbacea (Helleborus foetidus), più nota come elleboro puzzolente. b. C. marittimo: erba perenne delle crocifere (Crambe maritima), con foglie simili a quelle del cavolo comune; cresce presso il mare dalla Spagna all’Inghilterra e sulle rive del Mar Nero. c. C. palmizio: ortaggio costituito dalla tenera gemma nascente all’apice del fusto di varie palme (Oreodoxa oleracea, alcune Euterpe, il cocco e altre), che, recisa, si mangia cruda o cotta ed è molto apprezzata nelle regioni tropicali; l’asportazione della gemma determina naturalmente la morte della pianta. ◆ Dim. cavolino (anche per indicare il cavolo novello, o la pianticella da trapiantare), cavolétto; accr. cavolóne; pegg. cavolàccio, anche con accezione partic. (v.).