chiedere. Finestra di approfondimento
Fare una domanda - C. è il verbo meno marcato per esprimere il concetto di «far conoscere ad altri il proprio desiderio di ottenere o sapere qualcosa». Domandare, quasi del tutto intercambiabile con c., è d’ambito leggermente più ristretto e sottolinea l’atto del formulare verbalmente una domanda piuttosto che il contenuto della richiesta: c. aiuto; c. l’ora; gli ho chiesto più volte di darmi una mano, ma lui si è sempre tirato indietro; ho chiesto alla banca una grossa somma di denaro; non mi domandi come è andato l’esame? Volevo domandarti come sta tua moglie. Informarsi (su o di) è meno diretto di domandare, sia perché non viene specificato il destinatario della domanda, sia perché esprime un minor grado di urgenza: dovrei informarmi sul (o del) costo del biglietto.
Voler avere - Richiedere ha un uso molto più limitato, poiché allude o a una richiesta reiterata (sono costretto a richiederle nuovamente i suoi dati anagrafici), o a un chiedere indietro ciò che si è dato (mi ha richiesto la bicicletta che mi aveva prestato), oppure a richieste particolari, com’è il caso della lingua burocr. (richiedere un documento all’anagrafe). Richiedere può infine riferirsi anche a contesti in cui l’esigenza non sia espressa da una domanda vera e propria ma in modo più indiretto (per questo richiedere è, più spesso di c., usato al passivo e con sogg. inanimato): è un articolo molto richiesto dai nostri clienti; gli anziani richiedono cure costanti; è un lavoro che richiede del tempo; il genio, da cui principalmente pende e nasce la facoltà poetica e la filosofica, non si misura a palmi, come ciò che si richiede a esser medico o geometra (G. Leopardi).
è curioso che, nonostante l’evidente differenza tra c. e richiedere, l’ital. disponga di un solo sost. der., per entrambi i verbi: richiesta. Il der. di domandare, domanda, è più appropriato ai contesti di c. che a quelli di richiedere, esclusi certi usi cristallizzati e burocr. quali domanda di assunzione, domanda in carta semplice, ecc.
In alcuni degli ultimi esempi elencati, sinon. possibili (ma che accentuano l’urgenza o la gravità della richiesta) sono esigere (esigere cure, attenzioni e sim.: la quiete di questa città esige che don Ormondo ne stia lontano [C. Goldoni]; l’impiego di esigere è però fortemente limitato per via dell’impossibilità d’uso verbale del part. pass. esatto) e imporre (la democrazia impone molte rinunce; a me e gli anni e la natura impongono altre leggi [I. Sannazaro]). Entrambi i verbi, se usati con sogg. inanimato, valgono «rendere indispensabile», e sono dunque sinon. più intensi di richiedere, mentre con sogg. umano significano, il primo, «pretendere una cosa come dovuta» (esigo rispetto!) e il secondo «ordinare» (gli impose di partire). Inoltre sempre per chiedere con decisione ciò a cui si ritiene d’avere diritto si dispone di sinon. più intensi, quali pretendere, reclamare, rivendicare. L’ultimo verbo è particolarmente adatto per richieste di diritti sociali e politici: non reclamai di partecipare alla direzione degli affari (I. Svevo); il secondo uso della libertà fu di rivendicare le usurpazioni del feudatario (V. Cuoco).
Se la richiesta è particolarmente supplichevole, si dispone di verbi più specifici: implorare, mendicare e supplicare indicano il massimo grado di intensità: imploro / pietà, ma non per me (P. Metastasio); e allora, quasi mendicando un ricordo di vita, era ritornata ai giorni del suo maggior tormento (L. Pirandello); mi supplicò di non essere adirato con lei (I. Svevo). Leggermente più attenuati sono invece pregare (che ha per ogg. la persona alla quale si chiede aiuto) e invocare (che ha per ogg. aiuto e sim.): ti prego d’aiutarmi; io combatto per difendere una donna che m’invoca ajuto (L. Pirandello).
Anche volere può essere usato come sinon. più generico e fam. di c. e domandare, soprattutto se si parla di soldi: i rapitori vogliono due milioni di euro di riscatto; vuole mille euro al mese d’affitto. Volere può sostituirsi a c. anche in altri contesti, nei quali si esprime un desiderio o una volontà. In questi casi volere e c. sono i verbi più diretti e intensi (il secondo meno del primo), rispetto ai più attenuati cercare, desiderare e, più formale e ancora più indiretto, aspirare (a): voglio un po’ di rispetto da parte vostra; chiede di essere lasciato in pace; cerca solo la sua approvazione; desidero la vostra attenzione; aspirerei alla promozione. Sinon. non com. di c. e più limitati a esigenze concrete, di sogg. animati e no, sono abbisognare (con la prep. di: ho una nipote, / che abbisogna di dote [C. Goldoni]) e necessitare (con la prep. di: per andare avanti necessito del minimo indispensabile).