cimice
cìmice s. f. [lat. cīmex -mĭcis]. – 1. Nome dato a varie specie d’insetti emitteri eterotteri (della famiglia cimicidi e anche di altre famiglie) e in particolare a due specie del genere Cimex, dette «cimici dei letti» (Cimex lectularius, dell’Europa e Nord America, e Cimex rotundatus, dell’Asia e dell’Africa), che emettono odore fetido; vivono nelle case, nascoste nelle fessure (delle pareti, dei letti, ecc.), hanno abitudini notturne e succhiano il sangue con parte dell’apparato boccale dopo avere iniettato una saliva anticoagulante; spesso trasmettono, con la loro puntura, agenti patogeni causa di gravi malattie per l’uomo. Altre specie: la c. dei campi o selvatica, la c. acuminata della famiglia pentatomidi, che punge i germogli di patate, pomodori, zucche, fagioli e simili; la c. rossa del cotone, che arreca grave danno al cotone, la c. nero-azzurra dei cavoli, la c. della vite, ecc. 2. fig. a. roman. Chiodino con larga testa d’ottone, puntina da disegno: è un sign. nato dall’uso di conficcare le puntine premendole col pollice, come se si schiacciasse una cimice. b. Nel linguaggio giornalistico, altra denominazione della microspia, così detta con riferimento all’uso di installarla in posizione nascosta (negli interstizî di un mobile, nella cornetta telefonica, ecc.), cioè nella posizione in cui usa annidarsi l’insetto omonimo. 3. In tono spreg. o scherz., la parola fu usata a indicare il distintivo del partito nazionale fascista che si portava all’occhiello e che in origine aveva forma ovoidale, come quella delle cimici. ◆ Dim. cimicina, cimicétta; accr. cimicióne m.: Una turba crudel di cimicioni (Berni).