clan
(ant. clano) s. m. [dall’ingl. clan, adattam. del gaelico clann «discendenza, famiglia, tribù», che è dal lat. planta «pianta»] (pl. ant. clani). – 1. a. Fra i popoli di lingua gaelica, il gruppo familiare composto dai discendenti in linea maschile da un comune progenitore, in base a un’organizzazione gentilizia le cui tracce si sono conservate, spec. in Scozia, fino ai tempi moderni. b. In etnologia, gruppo sociale intermedio tra la famiglia in senso ampio e la tribù, il cui carattere fondamentale è dato dall’esogamia, e l’appartenenza al quale si acquista, a seconda dei varî popoli, per discendenza paterna o materna; i membri del clan si considerano discendenti da un comune progenitore che ha per lo più carattere mitico, e di conseguenza seguono regole di comportamento sociale simili a quelle in uso fra consanguinei. 2. Per estens., gruppo chiuso ed esclusivo di persone legate da comuni interessi e che per lo più tendono ad escludere gli estranei; consorteria: un clan di affaristi; i clan artistici e culturali della capitale; nel linguaggio comune e giornalistico, gruppo appartenente a organizzazioni malavitose, soprattutto in riferimento alla camorra o alla mafia: l’organizzazione criminale coincide direttamente con l’economia, la dialettica commerciale è l’ossatura del clan (Roberto Saviano).