classico
clàssico agg. [dal lat. classĭcus (der. di classis: v. classe) «appartenente alla prima classe dei cittadini», e, riferito a scrittori, «di prim’ordine»] (pl. m. -ci). – 1. Appartenente al mondo o all’antichità greca e latina, considerate come fondamento della civiltà e della cultura: mondo c., civiltà c., poesia, letteratura c., lingue c., pensiero c.; poeti, prosatori c.; autori o scrittori c. (frequente, in queste ultime accezioni, l’uso come sost.: i classici). Arte c., l’arte greca e romana dalle origini fino al sec. 4° d. C. In partic., nella storia dell’arte greca, periodo c., quello che va dalla metà circa del sec. 5° a. C. alla morte di Alessandro Magno (323 a. C.). Educazione c. (o umanistica), quella che ha per base lo studio del mondo classico. Istruzione c., ramo dell’istruzione media o secondaria che ha il fine di fornire una cultura di tipo umanistico, impartita nel ginnasio e nel liceo classico. Lettere c., indirizzo degli studî universitarî che si basa essenzialmente sullo studio del latino e del greco (in opposizione a lettere moderne). 2. a. Per estens. (spesso sostantivato), perfetto, eccellente, tale da poter servire come modello di un genere, di un gusto, di una maniera artistica, che forma quindi una tradizione o è legato a quella che generalmente viene considerata la tradizione migliore; con riferimento ai più importanti autori delle letterature moderne e alle loro opere: i c. italiani; una collezione di c. francesi; lo studio dei c. tedeschi, ecc.; e, per altre discipline: un pittore c.; un musicista c.; i c. della scultura italiana (analogam., nell’uso più recente: un c. dello schermo, un c. dei romanzi gialli, e sim.); un c. è un’esperienza radicale, un incontro che ci modifica, non un ritrovamento di aspetti reperibili in altri (Giuseppe Pontiggia). b. Con ulteriore estens., in frasi come le seguenti: è un’opera divenuta c. negli studî di diritto (cioè d’importanza fondamentale, consacrata come modello); la terra c. delle belle arti, della musica, del pensiero filosofico (che ha prodotto cioè le opere migliori nelle belle arti, ecc.); analogam., la terra c. della libertà (le cui istituzioni sono ritenute di esempio ad altri popoli liberi), ecc. c. Esprime un giudizio di perfezione nella locuz. bellezza c., riferita a una donna (ma può anche significare: che ha la purezza di linee delle statue antiche). d. Con senso più prossimo a «tradizionale», nell’abbigliamento: taglio c., linea c., stoffe c., colori c., le linee, i colori, ecc. che, per la loro semplicità e serietà, dominano per lunghi periodi di tempo e rimangono moderni nonostante la mutabilità e le bizzarrie della moda; nello sci di fondo, stile c., contrapposto allo skating. e. Tipico, fortemente caratterizzato: Andrea è il c. tipo dello sgobbone, cioè il vero tipo, il tipo per eccellenza; è un c. esempio di ..., l’esempio tipico e ormai tradizionale. Può acquistare perciò, in alcune locuz., il sign. di originale, eccezionale (per la sua tipicità): questa è classica!, questa è bella! (di fatti o detti sorprendenti); ma sai che sei classico!, sei proprio un tipo originale. 3. Nella prima metà dell’Ottocento presero il nome di classici (più propriam. avrebbero dovuto chiamarsi classicisti) gli scrittori che sostenevano la fedeltà alle regole e ai modelli della tradizione letteraria, contro i romantici innovatori. 4. In musica, attributo che qualifica, in senso lato, la musica dei grandi compositori, spec. strumentalisti, d’ogni tempo e paese, e in senso stretto i grandi compositori operanti tra la fine del barocco e il principio del romanticismo (Haydn, Mozart, Boccherini, Clementi, Cherubini, Beethoven). Nel linguaggio com., musica c., la musica cólta dei secoli passati, contrapposta alla cosiddetta musica leggera. 5. Danza c., la danza, precedente al sec. 19°, in cui i passi erano eseguiti, secondo figure determinate, da una o più coppie e in cui il cavaliere, separato dalla dama, le dava appena la mano. Comunem., per danza c. s’intende però la danza come espressione artistica, di solisti o di gruppi, condotta da musiche «classiche», con o senza appropriate scenografie. 6. In economia, scuola c. (detta anche economia c.), la scienza economica, fiorita soprattutto in Gran Bretagna nella prima metà del sec. 19° (suo massimo esponente fu D. Ricardo, 1772-1823), che, partendo da premesse individualistiche e liberistiche e servendosi del metodo deduttivo, giunse alla formulazione di leggi economiche generali ritenute valide per tutti i tempi e tutti i luoghi. 7. In diritto, scuola c., l’indirizzo di studî penalistici che, succedendo al prevalere dell’illuminismo, si sviluppò dai primi decennî alla fine del sec. 19°, basandosi sulla teoria che il diritto penale è dedotto da regole assolute, immutabili nel tempo e nello spazio, perché congenite all’uomo, che il delitto va considerato come ente giuridico astrattamente inteso, e che la pena ha funzione di retribuzione etica. 8. Fisica c.: la scienza fisica fondata su una visione dei fenomeni quale si aveva prima delle acquisizioni più recenti, e, specificamente, prima dell’introduzione delle vedute quantistiche e relativistiche (inizî del sec. 20°); l’agg. è contrapposto a relativistico e a quantistico anche in espressioni riferite a parti della fisica (meccanica c., elettrodinamica c.) o a fenomeni, enti, grandezze considerati nell’ambito della fisica classica. 9. Gara c. (anche s. f., la c.), competizione sportiva che si ripete ogni anno con la partecipazione di concorrenti nazionali e stranieri, e che, pur non dando luogo all’assegnazione di alcun titolo, assume un notevole rilievo ai fini della determinazione di una graduatoria dei valori sportivi; una classica di ciclismo in Italia è la gara ciclistica Milano-Sanremo (detta anche la classicissima). ◆ Avv. classicaménte, al modo classico, secondo il modello o la concezione classici, o tali considerati: una prosa classicamente limpida; un gruppo marmoreo classicamente atteggiato o drappeggiato; un profilo classicamente perfetto; meno com. con riferimento ad alcuni usi estens. di classico (cioè tradizionalmente, tipicamente, e sim.).