cliche
cliché 〈klišé〉 s. m., fr. [part. pass. di clicher «stereotipare», voce onomatopeica che in origine esprimeva il rumore della matrice che cade sul metallo in fusione]. – 1. Denominazione generica, in uso, spec. in passato, nelle arti grafiche (anche nell’adattamento ital. cliscè), per indicare la matrice zincografica per illustrazioni da inserire nelle forme di stampa tipografiche. Si distinguono i clichés a mezzatinta, che servono a riprodurre fotografie o dipinti, in bianco e nero o a colori, basandosi sulla scomposizione della figura in tanti punti, ottenuta con l’interposizione di un retino, per ricavare effetti di chiaroscuro, e i clichés a tratto, o grafici, che servono a riprodurre disegni in bianco e nero, ricavati da disegni eseguiti a linee ben definite oppure da testi tipografici o silografici o da incisioni in rame. Si dà comunem. il nome di cliché anche alle lastre stereotipiche e alle matrici di carta incerata per ciclostile; e, nel gergo tipografico ed editoriale, alle illustrazioni inserite nel testo: un libro con molti clichés. 2. fig. Espressione priva di originalità, spesso ripetuta, e perciò fastidiosa; frase fatta, stereotipata, abusata; concetto o giudizio ormai cristallizzato; comportamento, atteggiamento banale, scontato: esprimersi attraverso clichés tradizionali; ripetere continuamente le solite cose, secondo un c. ormai sorpassato; vivere, scrivere, recitare, dipingere, attenendosi a un cliché.