cliente
clïènte s. m. e f. [dal lat. cliens -nentis]. – 1. s. m. Nell’antica Roma, chi, pur godendo dello stato di libertà, si trovava tuttavia in rapporto di dipendenza da un cittadino potente (il patrono), dal quale riceveva protezione. 2. Con sign. simile, anche nell’uso odierno, soprattutto spreg., chi per interesse o per altro obbligo si pone al servizio di persona potente e autorevole: dispongo io della mia volontà e non sono c. di nessuno. 3. a. Chi si vale abitualmente dell’opera di un legale, di un medico o di altro professionista: l’avvocato sta parlando con un cliente; portafoglio clienti, insieme dei clienti di un agente o di un’impresa. b. Chi si fornisce abitualmente in un negozio, in una fabbrica, in una trattoria; avventore: i c. del macellaio; servire i c., le c.; un c. affezionato; mi trattano con riguardo perché sono cliente; buon c., buona c., che paga bene o fa molti acquisti; cattivo c. e cattiva c., che si accontenta difficilmente o discute sul prezzo; come locuz., il c. ha sempre ragione, chi acquista un bene o un servizio, qualora muova rimproveri ai fornitori di detto bene o servizio, non dovrebbe mai essere contraddetto. ◆ Spreg. clientùccio, clientùcolo.