codice digitale
loc. s.le m. Complesso di norme che regolano la struttura, il funzionamento e i servizi informatici forniti dall’amministrazione pubblica. ◆ Primo esempio: si può risparmiare sul costo dei dipendenti pubblici. Certo, e anche molto, se solo i ministri [Linda] Lanzillotta e [Luigi] Nicolais (che ne hanno le competenze, in tutti e due i significati di questa espressione) garantiscono l’attuazione del «codice digitale» approvato dal precedente Governo. E fanno in modo che la pubblica amministrazione in tutti i suoi livelli la smetta di torturare famiglie e imprese, continuando ad esempio a farci fare lunghe code per ritirare da un ufficio un pezzo di carta, che poi bisogna, con un’altra lunga coda, portare in un altro ufficio (migliorerebbe anche la qualità dell’aria, per il minor traffico urbano). (Giacomo Vaciago, Sole 24 Ore, 30 giugno 2006, p. 1, Prima pagina) • Dice ancora [Aurelio] Marguerettaz: «Rispetto all’accordo del 2001, era necessario fare alcuni aggiustamenti. Sono subentrate delle novità, come il codice digitale delle pubbliche amministrazioni». Non sono pochi gli ostacoli da superare per «digitalizzare» anche gli enti pubblici. (Stampa, 6 luglio 2007, Aosta, p. 54) • Il Programma Elisa è il primo prodotto della Commissione permanente per l’innovazione, un organismo creato dal nuovo Codice Digitale e che mette assieme i soggetti pubblici che devono occuparsi di innovazione. (Stefano Carli, Repubblica, 3 marzo 2008, Affari & Finanza, p. 6).
Composto dal s. m. codice e dall’agg. digitale.