codice rosso
loc. s.le m. Nel servizio sanitario, segnale che classifica una situazione di estrema gravità, un livello di pericolo molto elevato. ◆ Alle 11.30 di sabato l’uomo, che vive a Talenti, è rimasto ferito alla gamba sinistra mentre era in una officina. Trasportato al Pertini, i medici lo hanno classificato come un «codice rosso» temendo seri danni alle arterie della gamba, che perdeva molto sangue. (Corriere della sera, 1° dicembre 2003, p. 50, Cronaca di Roma) • Le altre due [tende] vengono utilizzate per visitare i pazienti e stabilizzarli in caso di «codice rosso», ovvero pericolo di vita. (Fausto Biloslavo, Giornale, 31 dicembre 2004, p. 4, Il fatto) • I malati entrano al massimo in tre per stanza e spesso ci devono restare un po’ di tempo in osservazione, la stanza rossa va tenuta possibilmente sgombra per le emergenze. Così la rotazione è lenta e le attese sono lunghe. Il ricoverato «non brillante» non ha barella, tutte servono da letto. Ma sta male e gli infermieri prendono l’ultima, anche se non si dovrebbe, dalla stanza dei codici rossi: non c’è tempo da perdere. Chiedono un posto in stanza gialla. Non c’è, è già occupata da tre dentro e sei fuori nel corridoio, nove in osservazione. Lo si infila in stanza verde, al posto di uno che può essere trasferito in corridoio. (Repubblica, 27 febbraio 2008, Firenze, p. VII).
Composto dal s. m. codice e dall’agg. rosso.
Già attestato nel Corriere della sera del 27 giugno 1994, p. 23 (Edoardo Stucchi).