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colèra

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colera


colèra s. m. (ant. cholèra, còlera e chòlera, f. e m.) [dal lat. cholĕra, gr. χολέρα, femm.], invar. – 1. Malattia infettiva acuta, endemica o epidemica, causata da un vibrione (Vibrio cholerae asiaticae, impropriam. noto come «bacillo virgola»), caratterizzata da violente scariche diarroiche, vomiti, crampi muscolari, arresto della secrezione urinaria e collasso. 2. In pediatria, c. infantile (più com. il lat. scient. Cholera infantum), sindrome gastroenterica caratterizzata da abbondanti vomiti acquosi e da diarrea profusa, d’aspetto liquido-sieroso. 3. In veterinaria, nome di alcune infezioni acute prodotte da germi del tutto diversi dal vibrione del colera, quali, per es., il c. o peste dei suini, e il c. dei polli, grave malattia infettiva, provocata da un bacillo (Bacillus bipolaris avisepticus), per ingestione di alimenti o d’acqua inquinati dagli escrementi di animali infetti. ◆ Per gran parte del sec. 19° ci fu oscillazione nella grafia e nella pronuncia tra le forme chòlera, còlera, cholèra e colèra, adoperate, in contesti italiani, ora al femm. (com’era la parola in greco e in latino) ora al masch. (per ellissi da cholera morbus): si genera gran copia di bile attivissima, che poi nell’autunno contribuisce a suscitare le disenterie, le diarree, le colere, e le febbri putride (G. Targioni Tozzetti); Eh via, sbrighiamoci, Viene il cholèra (Giusti). È prevalsa infine la forma ital. colèra, masch., e con accentazione piana prob. per differenziazione da còllera.

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