colmare
v. tr. [der. di colmo2] (io cólmo, ecc.). – 1. a. Riempire fino all’orlo, al colmo: c. un sacco, un bicchiere; c. un piatto di cibo; Sette fiasche di lacrime ho colmate (Carducci). b. Riferito a terreni, rialzare, pareggiare, soprattutto con materiali di riporto: c. un fossato, un avvallamento; c. una palude, interrarla; c. una strada, farla colma nel mezzo; in agraria, arare, aratura colmando, iniziando il primo solco nel mezzo dell’appezzamento (v. aratura). 2. Usi fig. a. Riempire, ricoprire, anche di cose non materiali: c. uno di doni, di gentilezze, di favori, o d’improperî; ciò che dici mi colma di gioia, di consolazione, o d’orrore, di disperazione. b. C. il sacco, la misura, lo staio, arrivare, in cose spiacevoli, a un eccesso non tollerabile. c. C. una lacuna, compiere, procurarsi qualcosa di cui si sentiva la mancanza (soprattutto con riferimento a lacune di preparazione scolastica o di cultura); c. un vuoto, supplire in qualche modo persona o cosa che sia venuta a mancare: la sua scomparsa ha lasciato fra noi un vuoto che difficilmente si potrà colmare. 3. intr. pron., ant. Compiersi, avverarsi: colminsi ... tutte le profezie (Machiavelli). ◆ Part. pass. colmato, tosc. o letter. cólmo, senza suffisso, largamente usato come agg. (v. colmo1).