combinatorio
combinatòrio agg. [der. di combinare]. – Fondato sulla combinazione, risultante dalla combinazione dei varî elementi. In partic.: 1. In filologia, metodo c., metodo che consiste nell’accertare l’esatta interpretazione di un elemento (soprattutto linguistico o paleografico) ricorrente in più documenti, mediante il confronto sistematico di tutti i luoghi in cui quell’elemento ricorre. 2. In matematica: a. Analisi c. (o calcolo c.), parte dell’aritmetica, che ha come scopo principale quello di contare gli aggruppamenti di varia specie (disposizioni, permutazioni, combinazioni) che si possono formare con dati oggetti o con dati simboli; i suoi procedimenti e risultati trovano continua applicazione nell’algebra (coefficienti binomiali, determinanti, gruppi di sostituzioni) e sono di utilità in tutti i campi della matematica. b. Topologia c., quella parte della topologia che ha come punto di partenza la suddivisione del continuo (curve, superfici, solidi) in un numero finito di elementi: archi, triangoli, tetraedri. 3. In filosofia, arte c., l’ideale di Leibniz di attribuire ai varî concetti dei segni simbolici (geometrici o algebrici), per poterli combinare reciprocamente in tutti i modi possibili e ottenere così una specie di mappa o catasto universale dei concetti. 4. In linguistica, analisi c., metodo d’analisi, proprio della grammatica strutturale, che prende in considerazione le singole unità di un corpo linguistico per individuare le relazioni che nella catena parlata si istituiscono tra le unità dello stesso livello (fonemi, morfemi, lessemi); funzione c., la possibilità che le unità linguistiche hanno di associarsi tra loro per dar luogo a unità di livello superiore (combinazione di fonemi per dar luogo a morfemi, di morfemi per dar luogo a lessemi, ecc.); variante c., la modificazione fonetica che un fonema subisce nel contatto con altro fonema vicino (per es., la velarizzazione della n in angolo condizionata dalla vicinanza della velare ġ).