conclusione
concluṡióne (raro conchiuṡióne) s. f. [dal lat. conclusio -onis, der. di concludĕre «concludere»]. – 1. a. Il fatto di concludere, d’essere concluso; compimento, termine: c. di un affare, di un accordo, del matrimonio; la c. della pace fu preceduta da una lunga serie di trattative; cerchiamo di venire a una c. soddisfacente per gli uni e per gli altri. b. Modo con cui si conclude, cioè si risolve un fatto, un racconto, un dibattito e sim., risultato finale: la c. della rissa fu che finirono entrambi in guardina; il film ha avuto una c. inaspettata; non si può prevedere quale sarà la c. della lite intentata. c. Chiusa di un discorso, di uno scritto, e in partic. la parte che contiene il riepilogo, la dimostrazione finale. d. Locuz. avv. in conclusione, per concludere, insomma, in sostanza: in c., sarà meglio avviarci; in c., si fa o non si fa quest’acquisto? 2. Deduzione logica, conseguenza che si ricava da una riflessione e sim.: c. sottile, falsa, soggettiva, arbitraria; le tue c. non reggono; io ti ho esposto i fatti, ora spetta a te trarre le c.; presentare, esporre, enunciare le proprie c.; l’ultima c. che si ricava dalla filosofia vera e perfetta, si è che non bisogna filosofare (Leopardi). In partic.: a. Nel linguaggio filos., c. del sillogismo, la proposizione finale del sillogismo, consecutiva alle due premesse, e in cui sono riuniti, in forma positiva o negativa, universale o particolare, i termini estremi del sillogismo stesso; c. teologica, deduzione fatta da due premesse, l’una di fede, l’altra di ragione, ottenuta per mezzo di dimostrazione rigorosa per via di sillogismo deduttivo. b. In logica matematica, il risultato di una derivazione. 3. Nel linguaggio giur., conclusioni, le rispettive istanze che le parti (o il pubblico ministero nei casi in cui sia richiesto il suo intervento) sottopongono al collegio quando la causa viene rimessa a questo per la decisione. 4. ant. o letter. Tesi, argomento di una disputa su materia filosofica o teologica: queste e molte altre infinite simili c. si debbono disputare in detto Concilio (Machiavelli).