confusione. Finestra di approfondimento
Disposizione senza ordine di cose o persone - Il concetto di «più cose o persone ammassate senza ordine» è espresso da molti sost., variabili per registro e sfumature semantiche. C. e disordine, che sono i termini più generali e validi in quasi tutti gli usi, rimandano il primo all’impossibilità di distinguere un elemento da un insieme caotico, il secondo all’assenza di un criterio logico di disposizione di più elementi. In partic., disordine si usa spesso nella locuz. in disordine, ed è riferito ad ambienti: tutto è in disordine in casa vostra (C. Goldoni). Intens., rispetto a quest’uso di disordine, è soqquadro, quasi esclusivam. impiegato nell’espressione mettere a soqquadro: dietro di lei veniva una masnada di figliuoli che mettevano ogni cosa a soqquadro (G. Verga). Sempre intens. (rispetto a confusione e a disordine) è anche scompiglio, di cose o persone: lo scompiglio dello sciopero generale. In relazione a masse e folle c. è spesso riferito a una folla caotica, mentre disordine si usa solo al plur. e si riferisce a persone nel senso di «turbamento dell’ordine pubblico», al plur. In questo caso è sinon. di incidente, sommossa, tafferuglio, tumulto.
Baraonda, bolgia e caos sono d’uso un po’ più ricercato (il secondo è addirittura termine dantesco): la baraonda e l’allegria fragorosa del Natale napoletano le davano noia (G. Verga); la città in quei giorni era tutta una bolgia. Caos è, rispetto agli altri due termini, meno marcato in senso negativo e più adatto alle cose disposte disordinatamente: tra i miei libri regna il caos. D’uso assai com., sebbene pop., sono bordello e casino: la sua stanza è sempre un bordello; che casino c’è qui dentro! Decisamente più forte, e d’uso più limitato, è troiaio (letteralm. «porcile»), che indica per lo più un luogo molto sporco, trasandato e disordinato (guarda che troiaio che hai combinato!) o, in altra accezione, un luogo mal frequentato. Meno marcato e molto com. e fam. è macello, a indicare sia un luogo disordinato o affollato, sia un danno (spec. se si sporca o rompe qualcosa): ho rotto la bottiglia dell’olio e ho fatto un vero macello per terra. D’uso non molto com. è bailamme che, come baraonda, designa soprattutto un via vai confuso di gente: non mi piace quel negozio, c’è sempre un bailamme (di gente). Di analogo sign. sono anche babele, babilonia e trambusto, anche se i primi due termini sono d’ambito più spreg. e rimandano a una forte eterogeneità di elementi (soprattutto persone e parole, in quest’ultimo caso con evidente riferimento al mito biblico della Torre di Babele e alla conseguente dispersione delle lingue): recitava ognuno per burla la sua parte! Era una vera babele! (L. Pirandello); pensate poi che babilonia di discorsi (A. Manzoni); e per le piazze intanto e per le vie / un trambusto di danze e di guerrieri (V. Monti). Guazzabuglio rimanda a una mescolanza confusa di cose (o persone) eterogenee o a un intreccio di sentimenti o pensieri contrastanti, ed è dunque intens. e spreg. rispetto a c.: ebbe come un guazzabuglio di impressioni (L. Pirandello). Tra gli altri sinon., marasma rimanda soprattutto a una totale disorganizzazione, spec. delle istituzioni e sim.: le scuole erano abbandonate nel più totale marasma. Pandemonio indica una fortissima confusione: la sera della vigilia c’era al palazzo un vero pandemonio (F. De Roberto). Subbuglio, infine, allude o a disordini causati dalla folla ƒper tutto il paese era un subbuglio [G. Verga]), oppure, nella locuz. in subbuglio, a una notevole agitazione, anche fig.: passioni tali cacciano il sangue in subbuglio (C. Dossi). C. viene usato anche in riferimento a determinati stati psichici, nell’espressione confusione mentale, sinon. di annebbiamento, turbamento, o obnubilamento, per esprimere un particolare stato di ansia o di emotività che provoca un momentaneo ottundimento del pensiero: dopo la malattia è in preda a una totale c. mentale. Diverso è il disordine mentale, che allude all’incapacità di ordinare le idee: la sua esposizione caotica denota un vero e proprio disordine mentale.
Insieme non piacevole di voci, suoni o rumori - Dei termini sopra elencati, babele, babilonia, baraonda, bolgia, bordello, caos, casino, c., macello, pandemonio, scompiglio, subbuglio e trambusto si riferiscono anche a un insieme indistinto e rumoroso di suoni o voci, in partic. al vociare della folla. Tra questi, caos e c. sono i termini meno marcati e meno spreg.: parla più forte, perché con tutta questa confusione non sento niente. Come si vede, il concetto di «insieme disordinato di molte persone» e di «insieme disordinato di voci» (vale a dire la causa e l’effetto) vengono spesso identificati. Nel sign. di «insieme disordinato di voci per lo più urlate» si possono usare almeno anche baccano e chiasso, il roman. caciara o il fam. cagnara e gli intens. clamore, fracasso, frastuono, schiamazzo, strepito.
Contrari - In entrambe le accezioni principali di c. i contr. sono meno numerosi. Si può dunque, nel primo caso, parlare di un generico ordine, oppure, se si vuole porre l’accento sulla razionalità nella disposizione degli elementi, di precisione o di regola: tutti i libri erano collocati con precisione; le comparse non possono accalcarsi in scena senza regola. Oppure, se si vuole sottolineare l’aspetto positivo della convivenza di elementi diversi, si può ricorrere ad armonia o a equilibrio: sistemare i mobili con armonia. Mancano peraltro quelle sfumature di grado e di registro che abbiamo individuato nel concetto di «disordine». Anche per il secondo sign., i termini concorrenti si limitano a designare l’assenza di rumore (silenzio) e di liti o turbamenti: calma, pace, quiete, tranquillità, senza particolari sfumature, com’è comprensibile trattandosi di assenza.
Cattivo funzionamento - Può essere detto disordine anche il cattivo funzionamento, per lo più di una struttura amministrativa, politica e sim., ma anche di alcune funzioni fisiologiche o psichiche. Nel primo sign. i sinon. disfunzione, disguido, disorganizzazione, disservizio, inefficienza. Tra questi, soltanto il primo può essere riferito anche al corpo umano: è il lamento di tutti, questo maledetto disservizio postale! (L. Pirandello). I contr. saranno organizzazione ed efficienza, soltanto il secondo raramente riferibile anche al corpo e alla mente.
Disordinato - Chi non tiene in ordine le sue cose, oltre ad essere detto disordinato, può anche essere definito confusionario, anche se quest’ultimo agg. è più generale, e implica una persona complessivamente distratta, sbadata, non metodica e sim. (nelle sue ricerche è un gran confusionario). Disorganizzato è chi fa fatica a mettere ordine nei propri impegni (quel disorganizzato di mio padre si è dimenticato di avere un appuntamento con me). Impreciso è invece chi fa poca attenzione a quello che fa, e si usa spesso nel modo di scrivere (hai svolto il compito in modo impreciso). Chi mette poca cura nelle cose è trascurato o, peggio ancora, sciatto, spesso riferiti al modo di vestirsi e di curare il proprio aspetto fisico: sto così sciatta! Non mi sono, neppur, pettinata (V. Imbriani). I contr. accurato, metodico e preciso sono spesso riferiti al modo di lavorare, di scrivere, di fare ricerche e sim.: ha fatto una ricerca estremamente accurata; è molto preciso sul lavoro. Chi ha poca cura nel vestire e nell’acconciatura è preferibilmente detto (oltre che sciatto e trascurato) in disordine, riferito spesso ai capelli (ho tutti i capelli in disordine, devo assolutamente andare dal parrucchiere), con il sinon. spettinato, oppure all’abbigliamento, con il sinon. scomposto. Chi è privo di regole, chi esagera nelle sregolatezze, nei vizi e sim., più che disordinato sarà detto eccessivo, smodato, sregolato, o, più formalmente, intemperante: è del tutto sregolato nelle sue abitudini sessuali; quando va alle feste è assai disordinato nel bere. Chi è del tutto inaffidabile per via del mancato rispetto di regole è scombinato. Disordinato può anche essere un ambiente o sim.: la tua scrivania è troppo disordinata. I sinon. più comuni saranno in disordine e, se il disordine è davvero eccessivo, caotico, sottosopra: in un batter d’occhio, cavalieri, fornai, avventori, pani, banco, panche, madie, casse, sacchi, frulloni, crusca, farina, pasta, tutto sottosopra (A. Manzoni). Anche di un testo o di un ragionamento, un discorso e sim. si dice spesso che è disordinato, intendendo dire che è confuso, incoerente o, in modo ancora più marcato, caotico, scombinato, sconnesso. Con sign. più attenuato, un testo scritto può essere detto disordinato se contiene molte cancellature, sovrascritture e sim., tanto da essere difficilmente leggibile.