corte
córte s. f. [lat. cōrs cōrtis (cohors -tis) «cortile, terreno adiacente alla villa», affine a hortus «orto»]. – 1. a. Spazio scoperto entro il perimetro di un fabbricato, per dar luce e aria alle stanze che vi si affacciano (se di un palazzo, collegio e sim., piuttosto cortile): la finestra della cucina dà sulla corte. A Venezia, piazzetta in mezzo a un gruppo di case, più piccola del campiello. b. Spazio attiguo alle case coloniche, cinto da siepe o muro, da cui si accede alla stalla. Per bassa corte, v. bassacorte. c. C. dei miracoli (fr. cour des miracles), nella Parigi medievale, zona popolata di gente equivoca e di mendicanti, i quali durante il giorno si fingevano ciechi, storpî, ecc. disfacendosi «per miracolo» di notte delle loro mentite infermità; per estens., luogo popolato di gente di malaffare, di mendicanti e sim. 2. a. Nell’economia agraria dell’alto medioevo (lat. curtis), il complesso del fondo dominante e dei fondi annessi, coltivati da servi o da liberi o da semiliberi, che costituivano nel loro insieme quell’unità economica e giuridica detta sistema curtense, in cui si distinguevano la pars dominica, cioè la parte che il proprietario coltivava direttamente, e la pars massaricia, cioè la parte concessa ai coloni per la coltivazione, in cambio di canoni e prestazioni. Il nome rimane tuttora in molti toponimi, come Cortemaggiore, Corteolona, ecc. b. Nella pianura lombarda, corte o casa a corte, edificio o complesso di edifici in cui sono ospitate diverse famiglie di addetti agricoli, appartenenti a una sola azienda o proprietarie di piccole aziende rurali indipendenti l’una dall’altra. 3. a. Residenza di un sovrano, reggia (in origine la residenza del re dei Franchi); più spesso con sign. collettivo, la famiglia e tutto il seguito di un sovrano, cioè il complesso delle persone addette all’amministrazione della reggia e al servizio privato della famiglia regnante: teatro, cappella di c.; usanze, costumi, cerimoniale, abito di c.; intrighi di c.; ballo, pranzo, ricevimento, lutto di c.; andare, essere ammesso, essere invitato a c.; gentiluomo, dama di c., addetti rispettivamente al servizio del re e della regina; poeta di c., poeta cesareo. Per estens., ant., ricevimento, festa nella reggia, spec. nella locuz. tener c.; dare splendidi ricevimenti; anticam. anche con sign. più ampio e generico, festa, riunione festosa: s’ordinò una nobile c. (Novellino); per c. bandita, v. bandito. b. C. pontificia: designazione frequente, ma non ufficiale, dei cardinali prelati e ministri costituenti la Cappella e la Famiglia pontificia. c. Per analogia, c. celeste, gli angeli e i beati che godono della visione di Dio (in Dante anche la beata c., l’alta c. santa e assol. la c.; in Par. XI, 61 è detta spirital c. la curia episcopale di Assisi). d. fig. Gruppo di persone che stanno attorno a un personaggio mostrandogli devozione o cercandone i favori: il ministro e la sua c.; una c. di tirapiedi; fare la c. a qualcuno, ossequiarlo, blandirlo, per ottenere da lui qualche favore; con altro sign., manifestare particolare interesse, premura e affetto nei confronti di una persona, colmandola di attenzioni: fare una c. assidua, sfacciata, spietata a una donna; gli ha fatto la c. per tutta la serata, e lui non se ne è accorto. 4. a. Titolo di alcune magistrature giudicanti (in origine dipendenti direttamente dal sovrano, donde il nome): C. d’appello, organo giurisdizionale istituito nel capoluogo di ogni distretto giudiziario, con competenza generale in secondo grado di giurisdizione per gli appelli contro le sentenze pronunciate dal Tribunale in materia civile e penale e dal pretore in materia penale; C. d’assise, v. assise; C. di cassazione, v. cassazione1; C. dei conti, massimo organo di controllo dell’amministrazione dello stato, nonché suprema magistratura amministrativa in materia di contabilità pubblica, che esercita il controllo preventivo sugli atti del governo e quello successivo sulla gestione del bilancio dello stato, partecipando anche al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo stato contribuisce in via ordinaria; C. costituzionale, supremo organo di garanzia della costituzione dello stato, competente a conoscere di tutte le questioni concernenti la legittimità costituzionale delle leggi e degli altri atti aventi forza di legge, a dirimere i conflitti di attribuzione fra i pubblici poteri, a pronunciarsi sull’ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo delle leggi ordinarie, e a giudicare delle accuse per alto tradimento o attentato alla costituzione promosse contro il presidente della Repubblica; C. di disciplina, v. disciplina; C. marziale, denominazione disusata del tribunale militare; Alta c. di giustizia, denominazione che, secondo lo Statuto albertino, assumeva il Senato quando esercitava funzione giurisdizionale in materia penale, con competenza sui crimini di alto tradimento e di attentato alla sicurezza dello stato, sui reati dei proprî membri e dei ministri; nel 1944, ebbe questo nome il tribunale speciale per la punizione dei delitti compiuti dai fascisti. Hanno carattere internazionale la C. di giustizia delle Comunità europee (con sede a Lussemburgo), la C. internazionale di giustizia (che nel 1946 ha sostituito la C. permanente di giustizia internazionale, ambedue con sede all’Aja), e la C. permanente di arbitrato (anch’essa con sede all’Aja). b. assol. Nell’uso corrente, magistratura giudicante nell’esercizio delle sue funzioni: entra la C.; la C. si ritira a deliberare; la C.!, annuncio dato dall’usciere quando entrano i magistrati. 5. Corti d’amore, nella lirica provenzale, immaginarî convegni di dame in cui si disputavano e si risolvevano controversie d’amore; talvolta anche, per influsso letterario, realizzate come dispute galanti fra dame e cavalieri. ◆ Dim. (nel sign. proprio) corticina, corticèlla.