crack
〈kräk〉 s. ingl. [propr. «fenditura, spacco»; nel sign. 2 prob. nel senso di «scricchiolìo», dal crepitare dei cristalli quando bruciano, nei sign. 3 e 4 in quello di (to) crack «vantarsi»], usato in ital. al masch. (e pronunciato comunem. 〈krak〉). – 1. Lo stesso che crac (anche come interiez. e forma grafica in uso nei fumetti). 2. Nome con cui negli Stati Uniti a partire dalla metà degli anni ’80 del Novecento viene indicato uno stupefacente (poco costoso a parità di dose, rispetto alla cocaina, e per questo diffuso negli strati sociali inferiori delle comunità nere e ispaniche) ottenuto facendo bollire la pasta di coca o la cocaina (cloridrato) con bicarbonato di sodio o ammoniaca; il precipitato sotto forma di cristalli viene fumato in apposite pipette di vetro o commisto al tabacco nelle comuni sigarette (essendo costituito da cocaina sotto forma di base libera, rapidamente assorbita per aspirazione, passa prontamente nel sangue e nel cervello e produce effetti rapidi e intensi ma di breve durata, determinando una profonda alterazione di coscienza, assuefazione e dipendenza). 3. a. Nell’ippica, cavallo di classe superiore, dall’altissimo rendimento. b. (anche s. f.) estens. In alcuni giochi di carte (bridge, poker, ecc.), giocatore di eccezionale bravura.