cubismo
s. m. [dal fr. cubisme, der. di cube «cubo»: il termine si fa comunemente risalire a una frase scherzosa di H. Matisse davanti a un quadro di G. Braque]. – Corrente artistica figurativa sorta in Francia nel 1908 (per opera di P. Picasso, G. Braque, A. Dérain), la cui teoria, influenzata dall’arte di P. Cézanne e dall’arte africana, verte sul problema dello spazio e della rappresentazione reale, cioè senza ricorso all’illusione prospettica, in modo che la sintesi delle tre dimensioni venga attuata come ribaltamento della profondità sul piano e come scomposizione e compenetrazione degli oggetti, affinché tutte le sensazioni da essi provenienti abbiano lo stesso grado di evidenza e intensità; alla fase del c. analitico, rivolto a studiare il rapporto tra forma e spazio, attraverso l’analisi e lo smembramento di tutte le parti dell’oggetto, seguì quella del c. sintetico (rappresentato da J. Gris), volto a una rappresentazione totalmente libera dalla prospettiva, in cui l’oggetto non è più analizzato e smembrato in tutte le sue parti, ma riassunto, sintetizzato nella sua fisionomia essenziale. Il c. orfico (rappresentato da S. e R. Delaunay e F. Léger) si allontana dall’analisi cubista della forma per giungere a un tipo di astrazione lirica e decorativa che indaga sui ritmi di forme e colori.