cupo
agg. [affine al lat. cupa «botte»]. – 1. a. Profondo: una c. voragine; i c. abissi del mare; c. caverne; dal fondo d’un pozzo molto c. (Galilei); fig.: Per la tua fame sanza fine cupa (Dante), profonda, cioè insaziabile. b. Nell’uso di alcune regioni centro-merid., fondo, concavo, detto di recipiente: piatto c., la scodella (regionalmente detta anche piatto fondo, fondina). c. Non illuminato, tenebroso (perché all’idea della profondità si accompagna spesso quella della mancanza di luce): una c. foresta, un c. sotterraneo, un ambiente molto c.; cantando vanìo Come per acqua c. cosa grave (Dante). Sostantivato: nel più c. dell’antro; Non è sanza cagion l’andare al c. (Dante), nella profondità dell’inferno. 2. estens. a. Di colore intenso e di tonalità scura; tetro: tinta c.; verde c., rosso c.; in senso fig.: descrivere, rappresentare a tinte c., fosche. b. Di suono o rumore, sordo, di tono molto basso: il c. brontolìo del tuono; con voce cupa. Usato anche avverbialmente: E cupo gli tonâr l’armi su ’l petto (V. Monti); Volaron sul ponte che c. sonò (Manzoni). c. Dell’aspetto della persona, aggrondato, chiuso per un grave pensiero o tormento interno: era c. in volto; essere d’umore c., di temperamento c., pensieroso, taciturno. d. Minaccioso, inquietante: il mondo esterno le apparve improvvisamente c. e terrificante, pieno di paure e di pericoli (Elisabetta Rasy). ◆ Avv. cupaménte, in modo profondo, oscuro; in senso fig., con tormento o angoscia a malapena trattenuti: borbottare, lamentarsi cupamente. Anche, con rumore sordo, di tono grave: il tuono rumoreggiava cupamente in lontananza; il portone si chiuse risonando cupamente.