custodia
custòdia s. f. [dal lat. custodia, der. di custos -odis «custode»]. – 1. L’azione, l’opera, l’attività di custodire, cioè sorvegliare un luogo, curare e assistere persone o animali, conservare presso di sé oggetti affidati e sim.: avere la c. di un edificio, del gregge, dei bambini, dei malati; incaricare qualcuno della c. di un luogo; lasciare a qualcuno un bene in c.; affidare un oggetto in c. a qualcuno, o affidare a qualcuno la c. di un oggetto; sei sotto la mia c.; ho fatto buona c. di quanto mi hai affidato; deposito a c., nel linguaggio banc., servizio che la banca esegue nell’interesse della clientela, consistente nella custodia di titoli e oggetti di valore contro pagamento di un corrispettivo (diritti di c.); agenti di c., personale adibito alla sorveglianza dei detenuti; nel linguaggio giudiziario, c. cautelare (o preventiva), stato di limitazione della libertà di una persona che, a seguito di un provvedimento del giudice penale, è detenuta in carcere o in regime di arresti domiciliari per esigenze di particolare rilevanza (per es., pericolo di fuga) senza che nei suoi confronti sia stata pronunciata una sentenza definitiva di condanna. 2. Astuccio, fodero, guaina, di forma, materiale e dimensioni varie, per custodire, conservare, e talvolta trasportare oggetti fragili o delicati o preziosi, oppure per proteggere alcuni strumenti da influenze esterne alle quali siano particolarmente sensibili: la c. dei gioielli, di una collana; la c. degli occhiali; la c. del binocolo, della macchina fotografica; la c. del violino, del fucile da caccia; la c. del sismografo, di una bilancia di precisione. In liturgia, specie di torretta o nicchia nella quale si colloca, per l’esposizione, l’ostensorio con l’ostia consacrata. ◆ Dim. custodiétta, piccola custodia (nel sign. concr. di astuccio o sim.).