custodire
(pop. costudire) v. tr. [dal lat. custodire, der. di custos -odis «custode»] (io custodisco, tu custodisci, ecc.). – 1. a. Fare oggetto di responsabile vigilanza, sorvegliare, sia un luogo: c. la casa; mi ha custodito l’appartamento durante la mia assenza; sia una persona: c. il prigioniero (perché non fugga); c. un malato di mente (perché non faccia danno a sé o ad altri). A volte, tenere prigioniero: c. qualcuno in carcere, in una torre; commesse ... che fusse custodito nella rocca (Guicciardini). b. Di persone o animali, averne cura, assisterli provvedendo alle loro necessità: c. i bambini; c. un malato; c. i buoi, i cavalli; con riferimento alla salute e all’educazione: i figli bisogna custodirli bene. c. Preservare da pericoli: c. la propria salute, la propria innocenza; c. gli occhi, i sensi (nel linguaggio della morale cattolica), contro le tentazioni; seguito dal complemento: c. da insidie, da nemici, da infermità. d. Conservare con cura: c. un oggetto avuto in consegna; c. le proprie carte nella cassaforte; la terra custodisce i germi che le sono stati affidati (Tommaseo); in senso fig.: c. un segreto; c. le memorie, i consigli ricevuti; c. intatta la propria fede. 2. tosc. Mantenere, nutrire: deve pensare a c. la famiglia. 3. rifl. Custodirsi, riguardarsi nella salute, avere cura di sé stesso: sei ancora convalescente, sappiti c.; tosc., nutrirsi sufficientemente: chi lavora bisogna che si custodisca bene.