decadenza
decadènza s. f. [der. di decadere, sull’esempio del fr. décadence]. – 1. Il decadere; progressiva diminuzione di prosperità, floridezza, forza, autorità e sim., in una persona (soprattutto con riguardo al valore artistico o alle facoltà creative), in un popolo, in un’istituzione, in una civiltà, ecc.: d. di uno scrittore, di un artista, di un cantante; la d. della civiltà greca; la d. degli studî, della scuola; un paese in d.; l’agricoltura, l’industria, il commercio era in d.; usanze, tradizioni che vanno in decadenza; periodo della d., nella divisione scolastica della letteratura latina, quello compreso all’incirca fra il 3° e il 4° sec. d. C. (anche assol.: gli scrittori, la poesia della decadenza). 2. Nel passato, perdita della nobiltà per il mancato pagamento delle imposte specificate nelle lettere patenti di concessione, di confermazione o di riabilitazione. 3. Istituto giuridico, per il quale (per esigenza di certezza dei rapporti giuridici) un diritto, un potere o una facoltà non possono più essere esercitati dopo il decorso di un termine stabilito. Nel diritto pubblico, il termine designa inoltre la risoluzione del rapporto a causa di un comportamento del soggetto privato contrario ai doveri derivanti dal rapporto di concessione. 4. Perdita o cessazione della titolarità di un potere, di una carica, di un ufficio a seguito del sopravvenire di talune cause che ne impediscono il regolare esercizio: per es., nel diritto pubblico, decadenza dei consiglieri comunali, provinciali e regionali per incompatibilità; nel diritto privato, decadenza dell’amministratore e del sindaco della società per azioni dichiarata fallita: la mancata rielezione comporta la d. dalla carica di presidente.