decostruttivismo
s. m. In architettura, tendenza alla scomposizione delle linee e dei volumi, affermatasi negli anni Ottanta del XX secolo. ◆ Peter Eisenman, 72 anni, è uno dei maggiori architetti internazionali ed è famoso anche per i suoi contributi teorici, soprattutto sul decostruttivismo che da una decina di anni domina il panorama progettuale. Tra le sue realizzazioni più recenti figura il Centro delle Arti a Santiago de Compostela in Spagna. (Messaggero, 23 marzo 2004, p. 25, Cultura & Spettacoli) • È il periodo in cui [Philip Johnson] cominciò a promuovere appassionatamente il decostruttivismo, e riuscì a spiazzare nuovamente il mondo architettonico con il palazzo della At&T, sul tetto del quale disegnò una forma ondulata che suggerisce in egual misura la solidità classica di un tempio greco e la sinuosità del Chippendale. (Antonio Monda, Repubblica, 27 gennaio 2005, p. 41, Cultura) • «Attenzione ad usare il termine “pelle” quando parliamo di architettura. Non si può separare il corpo dall’estetica». Daniel Libeskind, star internazionale dell’architettura ed esponente di punta del decostruttivismo, commenta così il suo appuntamento con «Skin-Superfici d’architettura». (Alessandra Farkas, Corriere della sera, 3 febbraio 2008, p. 39, Cultura).
Derivato dal s. m. costruttivismo con l’aggiunta del prefisso de-.
Già attestato nella Repubblica del 10 settembre 1991, p. 25, Cronaca (Guido Vergani).