democristianeria
s. f. (iron. spreg.) Maniera di gestire l’attività politica propria dei democristiani; atteggiamento o comportamento da democristiano. ◆ anche nella composizione dell’esecutivo, ci sono indizi pesanti di qualcosa di molto diverso. Di una sorta, cioè, di «partitocrazia senza partiti» (la formula, felice, è di Miriam Mafai) che, esentata da sgradevoli prove elettorali, al grido di «È finito il Carnevale» famelicamente contratta, occupa, spartisce tutto il contrattabile, l’occupabile, lo spartibile; e di un ritorno non alla Democrazia cristiana, che era una cosa seria, ma alla peggior democristianeria. (Paolo Franchi, Corriere della sera, 22 ottobre 1998, p. 1, Prima pagina) • Dice [Arturo] Parisi: «[Ciriaco] De Mita ha ragione quando avverte che la Margherita non è disposta a fare “cose tre” e “cose quattro”, l’inglobamento nei Ds non è certo il nostro orizzonte, ma qui si ferma, i suoi ragionamenti sono spesso fermi al passato. Io non sono mai stato dc, vedo però rischi di “democristianeria”. L’unico vero antidoto è rimanere ancorati al bipolarismo. E su questo devo dire che [Francesco] Rutelli finora non ha deflettuto». (Nino Bertoloni Meli, Messaggero, 16 marzo 2004, p. 11, Politica) • E dire che ancora nel 2002, alla Fiera di Roma, in una nottata agitatina nel partito, [Mario Baccini] si esprimeva con le metafisiche locuzioni della democristianeria, «scusate, devo sprigionare un pensiero». (Jacopo Iacoboni, Stampa, 31 gennaio 2008, p. 2, Interno).
Derivato dal s. m. democristiano con l’aggiunta del suffisso -eria2.
Già attestato nella Repubblica del 25 marzo 1986, p. 17, Inchieste (Paolo Guzzanti).