denaro
(o danaro; ant. denàio o danàio) s. m. [lat. denarius, agg. (sottint. nummus) der. di deni «a dieci a dieci», propr. «moneta del valore di dieci assi»]. – 1. a. Unità monetaria, presso gli antichi Romani, equivalente in origine a 10 assi o 2 sesterzî e mezzo. b. Nome di monete di vario valore, coniate in tempi diversi nei varî paesi dell’Europa occidentale, il cui peso e valore originario, dopo la riforma monetaria di Carlo Magno, era di 1/240 di libbra; si ebbero anche, con l’aumentare del traffico, il d. grosso e il d. piccolo. 2. a. Moneta in genere, soldi, quattrini (in questa accezione, il sing. ha valore collettivo, non diverso dal plur.): d. contante; d. guadagnato onestamente (detto anche d. pulito, in contrapp. a d. mal guadagnato, ottenuto cioè in modo disonesto, mentre d. sporco indica più in partic. quello proveniente da traffici illeciti e più spesso, oggi, quello proveniente da sequestri di persona); non si fa niente senza denaro; il d. apre tutte le porte; avere molto d.; essere a corto di denaro; d. contato, quanto ne basta per le spese: viaggiare col d. contato; buttare, sprecare il d., spenderlo malamente; sciupare tempo e denaro, in senso proprio e fig. (v. sciupare, n. 1 c); avere, fare denari a palate, guadagnare denari a cappellate; mettere, tirare fuori i d.; d. pubblico, le entrate della pubblica amministrazione; d. morto, capitale liquido tenuto in serbo senza trarne alcun frutto; d. virtuale, sistema di pagamento elettronico via Internet, detto anche cybercash, che prevede la possibilità, rispetto alle transazioni commerciali effettuate con carta di credito, di mantenere l’anonimato (come se si fosse scelto di pagare in contanti). Il d. è il nervo della guerra, frase proverbiale con cui s’intende significare sia l’estrema importanza che hanno sulla condotta e sull’esito delle guerre i potenziali economici e finanziarî dei belligeranti, sia, in genere, l’asserita onnipotenza del denaro; il concetto, già espresso con la stessa immagine dagli antichi (cfr. Cicerone, Filippiche V, 2: nervi belli pecunia), ma confutato da Machiavelli (Discorsi, l. II, titolo del cap. 10: I danari non sono il nervo della guerra, secondo che è comune opinione), è anche espresso nella forma francese l’argent est le nerf de la guerre, frase spesso però sostituita dalla variante – più nota in Italia, ma ignota in Francia – (c’est) l’argent (qui) fait la guerre. b. Nel linguaggio econ., risparmio disponibile per prestiti a breve scadenza (si parla infatti di mercato del d. o mercato monetario in contrapposto a mercato finanziario o dei capitali) e anche a richiesta e a giornata (d. giornaliero). Per l’espressione costo del d., v. costo1, n. 1 b. c. Nel linguaggio di borsa, domanda di divise estere o di titoli, e prezzo di domanda degli stessi. d. Locuz. particolari in uso nel passato: denaro di s. Pietro, il tributo pagato anticamente alla Santa Sede da alcuni stati (Francia, Inghilterra, Polonia e Portogallo); gabella del buon d. (o semplicem. buon d.), nell’Italia merid., l’aggiunta alle gabelle sulla circolazione delle merci che anticamente pagavano i compratori e che in origine era destinata alla riparazione di chiese ed edifici pubblici; d. di Dio, piccola percentuale del valore delle cose vendute che il venditore doveva anticamente versare al comune perché fosse destinata a opere pie. 3. Al plur., seme delle carte da gioco regionali italiane (più com. nella forma danari) ereditato dal gioco dei tarocchi: fante di danari, sei di danari. 4. Nella metrologia antica: a. A Firenze, sottomultiplo del braccio equivalente a o,24 cm. b. Unità di massa, usata con valori diversi in varie città italiane ed equivalente a 1/24 di oncia. c. Prima dell’adozione del sistema metrico decimale, unità in cui si esprimeva il titolo dell’argento (un’oncia di fino si divideva in 12 denari e ogni denaro in 24 grani). 5. Unità di misura (simbolo den) della finezza delle fibre naturali e sintetiche: un filato ha titolo di 1 den quando 9000 m di quel filo pesano 1 grammo. Oggi è per lo più sostituito dal tex (v.), spec. per i filati artificiali. ◆ Dim. denarèllo (v. la voce).