denominazione
denominazióne s. f. [dal lat. tardo denominatio -onis]. – 1. Il denominare, l’essere denominato; più spesso, il nome stesso con cui una persona o una cosa viene indicata: gli oggetti prendono talora la d. da una loro qualità essenziale; fenomeni compresi sotto un’unica d.; piante, uccelli, pesci noti con varie d. regionali. In sintassi, complemento di d., complemento costituito da un nome proprio retto da un nome generico, mediante la preposizione di (per es., la città di Napoli, il mese di marzo); in latino, questo complemento va nello stesso caso del sostantivo reggente. Nel linguaggio giur. e comm., d. d’origine, segno distintivo consistente nell’indicazione geografica della zona originaria di un prodotto con particolari caratteristiche merceologiche derivanti dal, o connesse con, il luogo di origine; in partic.: d. d’origine controllata (sigla d.o.c. o D.O.C.), quella riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti per ciascuno di essi dai disciplinari di produzione (delimitazione della zona di produzione delle uve, resa massima dell’uva in vino o mosto, caratteristiche fisicochimiche e organolettiche, gradazione alcolica minima naturale, ecc.); d. d’origine controllata e garantita (sigla d.o.c.g. o D.O.C.G.), denominazione rilasciata per vini di particolare pregio e con la stessa procedura della denominazione d’origine controllata; d. d’origine protetta (sigla d.o.p. o D.O.P.), denominazione stabilita dalla Unione Europea per quei prodotti agricoli o alimentari comunitarî (per es., per l’Italia, culatello, fontina, ecc.), esclusi i vini, le cui caratteristiche derivano tutte dalla rispettiva zona originaria di produzione. 2. Termine con cui si designano, sull’esempio degli Stati Uniti d’America, dove esso (ingl. denomination) va sempre più prevalendo su quello di setta e sim., quei gruppi di cristiani o comunità di credenti (negli Stati Uniti anche non cristiani) che hanno lo stesso nome (per es., i presbiteriani sono «una denominazione» di cristiani).