derogare
v. intr. [dal lat. derogare (con il sign. giur.), comp. di de- e rogare «proporre una legge»] (io dèrogo, tu dèroghi, ecc.; aus. avere). – 1. a. Nel linguaggio giur., e in senso proprio, abrogare parzialmente una legge anteriore relativamente a determinate ipotesi; in questa accezione, il verbo ha come soggetto la nuova legge, o più raram. il legislatore, colui che emana la nuova norma. b. Nell’uso com., non osservare, legittimamente o illegittimamente, quanto è stabilito da un accordo, da una disposizione, da una consuetudine e sim.: d. a un contratto, a una norma; d. all’etichetta di corte; per estens.: d. alle prescrizioni del medico, non seguirle, allontanarsene in un determinato caso; d. ai proprî principî, ecc. (frequente, ma impropria, la costruzione con la prep. da: d. da una norma, dai proprî principî, ecc.). Il verbo è usato talora anche transitivamente, soprattutto nella forma passiva: le norme contenute in una legge imperativa non possono essere derogate. 2. a. ant. Detrarre, togliere in parte (ma soltanto in alcune locuzioni): d. all’onore, al merito, alla dignità di qualcuno. b. Privare temporaneamente della nobiltà: professioni deroganti (v. derogazione).