deterritorializzato
(de-territorializzato), p. pass. e agg. Privato della sua specificità territoriale. ◆ la violenza che si è scatenata a Genova [...] è il prodotto di un nuovo tipo di individuo, figlio del personal computer, del cellulare e del cibo preconfezionato, un individuo solitario espressione dell’odierna solitudine democratica e che si esprime attraverso varie forme di rigetto. Nel vuoto delle società d’oggi questi individui si aggregano come nuove tribù deterritorializzate attraverso il vasto sistema della società in rete, si interconnettono, si scambiano informazioni ma non comunicano mai; perché il gioco sottile della tecnologia sta sostituendo l’informazione alla comunicazione. (Khaled Fouad Allam, Stampa, 4 settembre 2001, p. 26, Società e Cultura) • le sette sorelle si tramutano in una Biancaneve S.p.A. e i curatori nei suoi laboriosi sette nani, che corrono da un continente all’altro nei percorsi di un opificio espositivo spettacolare e de-territorializzato (in sincronia con il modello ubiquo della produzione industriale). (Achille Bonito Oliva, Repubblica, 23 febbraio 2004, p. 29, Cultura) • Siamo di nuovo all’interno del nostro parco ombroso, mentre [Vincenzo] Cerami affida a queste pagine la chiave del romanzo, notando come la bellezza dell’enigmistica consista nel giocare «con i significanti e non con i significati», separando gli uni dagli altri. Ma il cimitero, e tanto più un cimitero del genere, è spazio di fusione e metamorfosi. Per questo, deterritorializzato, marginale, celato dalla sua magica piramide, il «buio giardino straniero», metà anglosassone e metà egiziano, ci ricorda una morte che invece di dividere, unisca, al di là di qualsiasi religione. (Valerio Magrelli, Corriere della sera, 10 febbraio 2006, p. 1, Prima pagina).
Derivato dal p. pass. e agg. territorializzato con l’aggiunta del prefisso de-.
Già attestato nella Repubblica del 21 ottobre 1993, p. 17, Politica estera (Leonardo Coen).