dettare
(ant. dittare) v. tr. [lat. dĭctare, intens. di dicĕre «dire», part. pass. dictus] (io détto, ecc.). – 1. Pronunciare lentamente affinché qualcun altro scriva: d. il tema; d. una poesia; d. una lettera alla segretaria, ecc.; fig., di uno scritto che non è o non si ritiene originale: la risposta gli dev’essere stata dettata dal suo avvocato. 2. letter. Comporre, scrivere: dettò opere sublimi in prosa e in versi; anche assol.: ser Brunetto Latini ... fu sommo maestro in rettorica, tanto in bene sapere dire, come in bene dittare (G. Villani). 3. ant. Insegnare (in uno studio, in un’università). 4. Stabilire, imporre: gli alleati dettarono le condizioni di resa; dettar leggi (o legge), voler imporre agli altri la propria volontà, spadroneggiare (anche di persona che, in un luogo o in qualche materia, ha indiscussa autorità). 5. Suggerire, consigliare, ispirare: dico ciò che il cuore mi detta; è la tua coscienza che ti deve d. il modo di agire; i’ mi son un che, quando Amor mi spira, noto, e a quel modo Ch’e’ ditta dentro vo significando (Dante); comportarsi come dettano le circostanze; norme dettate dall’esperienza, dal buon senso. Con uso fig., nel linguaggio delle cronache sportive, d. un lancio, un passaggio, di calciatore che si piazza in modo da indicare al compagno di squadra che ha il pallone il punto in cui effettuare il passaggio. ◆ Part. pass. dettato, anche come s. m. (v. la voce).