dialettico
dialèttico agg. e s. m. [dal lat. dialectĭcus, gr. διαλεκτικός, der. di διαλέγομαι «conversare»] (pl. m. -ci). – 1. agg. a. Che concerne la dialettica come arte del discutere e del persuadere argomentando: abilità, forza d.; procedimenti d., sofismi dialettici. b. Relativo alla dialettica come processo del pensiero e del divenire, storico o naturale, o più genericamente come opposizione di termini che si risolve nella loro sintesi: concezione d. della realtà; valori in rapporto dialettico; momento d., nella filosofia hegeliana, il passaggio da un concetto alla sua negazione, avvertito dallo spirito come impulso al superamento della contraddizione; materialismo d., v. materialismo. Teologia d., corrente dottrinale manifestatasi nel protestantesimo tedesco alla fine della prima guerra mondiale, che tende a superare le forme logiche del conoscere e le sue consuete forme espressive, e a giungere alla conoscenza di Dio solo attraverso una continua e inesauribile contrapposizione degli opposti (Dio - uomo, fede - peccato, ecc.). 2. s. m. a. Persona esperta nell’arte dialettica, ragionatore abile nel sostenere i proprî argomenti e nel confutare quelli dell’avversario: un valente, un temibile dialettico. b. Nome con cui sono noti quei filosofi dei sec. 11° e 12° (tra cui Berengario di Tours e Anselmo d’Aosta) che, concependo un accordo tra ragione e fede, si servirono della ragione per intendere e giustificare i dati della fede. c. Nella storia della giurisprudenza sono talvolta indicati come dialettici i giuristi dei sec. 14° e 15°, più noti come commentatori. ◆ Avv. dialetticaménte, con logica stringente, con rigore o abilità dialettica: controbattere dialetticamente gli argomenti dell’avversario; secondo un processo dialettico, attraverso cioè l’opposizione e la sintesi di termini opposti: contraddizioni, contrasti, momenti antitetici che si superano dialetticamente.