diamante
s. m. [dal lat. mediev. diamas -antis, alteraz. del lat. class. adămas -antis, gr. ἀδάμας -αντος «acciaio, diamante»]. – 1. a. Minerale costituito da carbonio purissimo cristallizzato nel sistema monometrico, di solito in cristalli a forma di ottaedro o esacisottaedro, caratterizzato dal massimo grado di durezza (decimo della scala di Mohs), da elevata rifrazione che gli conferisce uno speciale splendore, detto appunto adamantino, e da forte dispersione per cui, opportunamente tagliato, acquista il caratteristico fuoco o brio (e viene chiamato, in gioielleria, brillante); è colorato di solito in tinte deboli, fra le quali il giallo (d. paglierino), il verde, il bruno e il grigio; sono invece rarissimi e perciò molto pregiati il diamante perfettamente incolore e trasparente (d. di cava vecchia), quello colorato intensamente in azzurro, giallo o rosso, e quello nero e opaco. I diamanti sono usati per la maggior parte della produzione a scopi tecnici (abrasivi, seghe, perforatrici, ecc.), e per il 20% come pietre d’ornamento che, in base ai caratteri ottici (trasparenza e colore) e ai difetti (fessurazione, nebulosità, macchie), si classificano in tre qualità, dette di prima, di seconda e di terza acqua. b. D. sintetici, quelli ottenuti artificialmente dalla grafite sottoposta con metodi diversi a temperature e pressioni molto elevate che ne trasformano il reticolo cristallino; hanno piccolissime dimensioni, e sono utilizzati nell’industria degli abrasivi. Sembra che diamanti di dimensioni maggiori possano essere prodotti usando diamanti naturali molto piccoli come germi di cristallizzazione. c. In gioielleria, in senso stretto, pietra preziosa costituita da un frammento di diamante tagliato a rosa, cioè lavorato senza altra norma che quella suggerita dalla forma e dalle dimensioni del frammento. d. Tipo di tagliavetro in cui la funzione tagliente è affidata a un diamante incastonato a un’estremità. e. In similitudini e in espressioni fig., è di solito simbolo della durezza o della fermezza: duro come il d., durissimo; carattere di d., saldo, forte. Con altro senso, nozze di d., il sessantesimo anniversario delle nozze. 2. Per estens., con accezioni tecniche o specifiche, allusive per lo più alla forma della pietra lavorata: a. In architettura, rivestimento a punta di d., tipo di rivestimento bugnato nel quale ogni elemento si presenta verso l’esterno con la forma geometrica di una piramide di limitato risalto; usato soprattutto nell’architettura civile del Rinascimento (come nel Palazzo dei Diamanti a Ferrara), fu sviluppato con l’aggiunta di motivi decorativi di vario genere nel Sei e Settecento, ed è stato ripreso in funzione accentuatamente ornamentale anche in qualche costruzione moderna. b. Nel linguaggio marin., il punto più basso del fuso dell’àncora, da dove si diramano le marre. c. In aeronautica, ala a d., ala per velocità supersoniche, di forma simile a quella di un diamante. 3. Nel baseball, il quadrato centrale (di 27 m per lato) compreso nel tracciato del campo, che ha ai suoi vertici le quattro basi. 4. In tipografia, carattere d., vecchia denominazione del carattere di corpo 3 (nell’uso inglese, di corpo 4½), detto anche, per la sua piccolezza, occhio di mosca (e in ingl. pearl «perla»); edizioni diamante, minuscole edizioni composte in tale carattere, e in senso ampio quelle in formato e in caratteri minutissimi. 5. In numismatica, moneta d’argento del valore di 4 soldi di marchesini, coniata nella zecca di Ferrara dal duca Ercole I d’Este (1431-1505) e dai successori, e così chiamata perché aveva sul rovescio il tipo di un anello incastonato. 6. In zoologia, nome con il quale sono indicati alcuni uccelli australiani della famiglia estrildidi, frequentemente allevati e tenuti in casa per la loro vivacità e la bellezza dei colori; i più noti sono il d. di Gould (Chloebia gouldiae) e il d. mandarino (Taeniopygia guttata). ◆ Dim. diamantino, per un sign. partic. v. diamantino2; spreg. diamantùccio; accr. diamantóne; pegg. diamantàccio.