diaspora
dïàspora s. f. [dal gr. διασπορά «dispersione», der. di διασπείρω «disseminare»]. – In generale, dispersione, specialmente di popoli che, costretti ad abbandonare le loro sedi di origine, si disseminano in varie parti del mondo; in partic., la dispersione degli Ebrei nel mondo antico, dall’esilio babilonese (6° sec. a. C.) in poi, e spec. dopo la distruzione di Gerusalemme nel 135 d. C. Con riferimento a tempi moderni, il termine è adoperato per indicare anche la diffusione d’una corrente religiosa, oppure, da parte dei correligionarî, la dispersione di membri di una comunità in paesi dove la maggioranza degli abitanti segue una fede diversa. Per analogia, il termine è talora usato in linguistica, da parte degli indoeuropeisti, per indicare la frantumazione della originaria unità linguistica indoeuropea, cioè la ramificazione e successiva differenziazione del nucleo di dialetti da cui si svilupparono le varie lingue storiche oggi assegnate alla famiglia indoeuropea, in conseguenza degli spostamenti dei popoli che, dall’area molto più ristretta dove in origine tali dialetti erano parlati, si diffusero (a partire dalla fine del 3° millennio a. C.) nell’Europa centrale e poi occidentale, in Asia Minore e in India.