diffrazione
diffrazióne s. f. [dal lat. mod. diffractio -onis, der. del lat. diffractus, part. pass. di diffringĕre (v. diffrangere), termine coniato dal fisico F. M. Grimaldi nel 1665]. – 1. In fisica, fenomeno consistente nel fatto che, se vi sono ostacoli sul cammino di un fascio luminoso (corpi opachi, diaframmi forati, ecc.), la luce si ripartisce al di là dell’ostacolo pervenendo anche in punti «in ombra», nei quali essa non potrebbe pervenire se la propagazione avvenisse per raggi rettilinei; sempre nel caso delle onde luminose, se si raccoglie su uno schermo la luce «diffratta» dall’ostacolo si forma una figura caratteristica, di conformazione variabile da caso a caso, detta figura di diffrazione. Fenomeni analoghi si verificano anche nella propagazione di radiazioni non luminose (radioonde, raggi X, ecc.), di onde elastiche (in partic. suoni) e di radiazioni corpuscolari (elettroni, neutroni, ecc.). Per il reticolo di d., v. reticolo. 2. Nella critica testuale, fenomeno per cui una lezione dell’archetipo, o per ragioni inerenti alla sua struttura morfologica o semantica (quando cioè si tratti di una lectio difficilior), o per il suo particolare aspetto paleografico, viene interpretata o corretta o deformata in vario modo dai copisti che l’hanno trascritta, dando luogo ad una dispersione di varianti, delle quali almeno una parte sono errate.