dimissione
dimissióne s. f. [dal lat. dimissio -onis (der. di dimittĕre «mandar via, licenziare»); nel sign. 1, sull’esempio del fr. démission]. – 1. Il dimettere o il dimettersi da un impiego, da una carica, da un pubblico ufficio; per lo più al plur.: presentare (burocr. rassegnare) le d.; lettera di dimissioni; accettare, respingere le d.; dare le d. per motivi di salute, per ragioni d’età, per trasferimento, ecc. Nel diritto del lavoro, le dimissioni, se volontarie, costituiscono un recesso unilaterale del prestatore di lavoro dal contratto di lavoro a tempo indeterminato; d. d’ufficio sono invece quelle (ormai in via di scomparsa perché sostituite con l’istituto della decadenza) disposte dalla pubblica amministrazione in seguito a un comportamento dell’impiegato cui l’ordinamento annette la presunzione ch’esso voglia abbandonare il servizio. Dimissioni del governo, quelle che è obbligato a rassegnare il governo in carica, quando una delle Camere abbia negato la fiducia, o anche quando dissidî interni o altre ragioni ostacolino la funzionalità del gabinetto o rendano opportuna una sua diversa composizione. 2. Nel diritto canonico: a. La rinuncia o la rimozione del titolare di un ufficio ecclesiastico. b. L’espulsione da una comunità: d. da un seminario, da un istituto religioso. 3. L’atto di dimettere, cioè di lasciar andare; soltanto con riferimento a un degente che venga dimesso dall’ospedale: la d. di un malato.