dimora
dimòra s. f. [der. di dimorare]. – 1. a. Il dimorare; sosta, permanenza in un luogo: prenderai Alcun buon frutto di nostra d. (Dante); far d., dimorare o anche fermarsi, sostare in un luogo, e con uso estens. e fig., di cose, permanere, trovarsi stabilmente: di gloria amor taceami allora Nel petto ... Che di beltade amor vi fea d. (Leopardi). b. Più concretam., il luogo dove uno abita: stabilire, fissare, avere la propria d. in un luogo; prendere d.; d. stabile, temporanea, provvisoria; persona, gente senza fissa d.; stare a d., abitare: fate che possa stare a d. a Torino (Foscolo). In diritto, il luogo nel quale una persona si trova, anche in via transitoria (se la dimora è abituale diventa residenza). Fig., ultima d., estrema d., la tomba, spec. nella frase accompagnare all’ultima d., e sim.: tutto il paese ha preso parte al cordoglio di lei e ha voluto dimostrarlo accompagnando all’estrema dimora il cadavere (Pirandello). c. Casa, abitazione in genere: far ritorno alla propria dimora. 2. In agraria, piantare a d., o mettere a d., collocare una pianta nel terreno, nel posto dove rimarrà stabilmente. 3. letter. Indugio, ritardo: Quando s’accorse d’alcuna dimora Ch’io facea dinanzi a la risposta (Dante); sì come colei a cui la d. lunga gravava (Boccaccio).