dire. Finestra di approfondimento
Modi di dire - D. significa innanzitutto «esprimere con la voce» e ha, in questa accezione, come sinon. più ricercato, pronunciare (meno com. pronunziare). Rispetto a d., pronunciare sottolinea tuttavia il processo fisico dell’emettere parole e si trova infatti per lo più in contesti in cui il valore letterale delle parole è fondamentale (sentenze, atti e sim.) o si vuole mettere in evidenza l’atto del dire scanditamente o con un particolare accento o espressività: il cardinal del Monte con la propria voce pronunciò il decreto (P. Sarpi); – Non posso essere vostra mai! – e pronunciò queste parole dal cuore profondo e con una occhiata con cui pareva rimproverarsi e compiangermi (U. Foscolo); pronunciò l’ultima frase col parlar lento e misterioso che usava, quando voleva decidere il marito a secondarla ciecamente (G. C. Chelli). D’uso ancora più limitato e formale (ma analogo a pronunciare) è proferire: e queste parole le proferì in quella maniera particolare che par che voglia dire: ho finito (A. Manzoni).
A seconda del volume della voce, si possono avere anche gridare e urlare per «dire a voce alta o troppo alta»: allor porsi la mano un poco avante / e colsi un ramicel da un gran pruno; / e ’l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?» (Dante); urlai al mio cameriere che volasse a fermare davanti alla porta una vettura (L. Pirandello) e sussurrare «dire a voce bassa o troppo bassa»: le diede un bacio sussurrando: Addio! (G. Pascoli). A seconda dell’intonazione o dello scopo di quanto viene detto, si possono avere i più specifici chiedere o domandare «dire qualcosa per avere una risposta», rispondere «dire qualcosa come reazione a una domanda», esclamare «dire qualcosa con tono sorpreso o meravigliato, adirato e sim.», e altri ancora.
Discorso diretto e indiretto - D. è usato spessissimo per introdurre il discorso diretto, sia prima, sia nel mezzo, sia alla fine del brano riportato: da celo venneme una voce / e disse: «Ségnate con croce / e piglia el ramo de la luce / lo quale è a Deo molto a grato» (I. Da Todi); «Maggior difetto men vergogna lava», / disse ’l maestro, «che ’l tuo non è stato [...]» (Dante); «Questo non farò io» disse Andreuccio (G. Boccaccio). Si noti che, soprattutto quando d. si trova nel mezzo o alla fine del brano citato, il sogg. segue quasi sempre il verbo, come si vede ad es. nelle citazioni da Dante e Boccaccio. In tutti questi usi è talora usato anche fare: «Piano, piano» fece Zaneto sconcertato (A. Fogazzaro).
In determinati contesti è più adatto recitare, quando si tratta di dire qualcosa a memoria: dopo aver recitato il suo discorso introduttivo, il presidente dichiarò aperti i lavori del congresso. Talora si usa d. col sign., ancora più generico, di «rendere noto il proprio pensiero», in forma sia orale sia scritta, sia, addirittura, filmata: come disse Pasolini nel suo ultimo libro o Visconti nel suo ultimo film. A volte è più appropriato comunicare o dichiarare, specialmente se si parla di cose dette in modo o in contesti ufficiali: hanno comunicato la morte del Presidente; in pochi giorni il dottore dichiarò che lo stato della giovinetta era molto pericoloso (G. Verga). Analogo impiego ha esprimere: ma il segretario espresse nella capitolazione che niente fusse valido se entro certo tempo non si approvava dal re (F. Guicciardini). D’uso ancora più ristretto è manifestare, nel senso di «far conoscere»: quando il cavaliere sentì questo, lo manifestò agli Anziani (D. Compagni).
Raccontare - Altre volte d. è un sinon. meno appropriato di narrare, raccontare, riferire, dove il primo verbo è più formale del secondo nel sign. di «comunicare in forma di racconto»: raccontami tutto quello che hai fatto durante le vacanze. Riferire è invece appropriato a contesti più ufficiali, in cui ciò che viene detto ha una certa importanza: ho riferito alli consiglieri del mio signore quelle cose che ieri ragionammo (G. B. Ramusio). Riferire si usa altresì quando si citano le parole di qualcuno (e forse Floro ha preso questa immagine da quel luogo di Tucidide nell’assedio di Siracusa, riferito ed esaminato da Longino [G. Leopardi]) o se si riporta genericam. quanto si è sentito (mi parve che gli avessero riferito di me cose non troppo onorevoli [I. Nievo]).
Dire per convincere - Se si dice con convinzione, o con lo scopo di persuadere, o per dare ufficialità a qualcosa, i sinon. più appropriati saranno affermare, asserire e sostenere: il secondo e soprattutto il terzo verbo sottolineano un alto grado di convinzione, talora anche in contrasto con altre dichiarazioni: lei sostiene che il figlio se n’è voluto andar lui col padre, con la scusa che qua ormai non poteva più stare (L. Pirandello). Se invece si vuole dire qualcosa come suggerimento si userà consigliare, proporre o suggerire, tra i quali il terzo verbo è il meno marcato della serie, il primo è quello che indica il maggior coinvolgimento nel suggerimento (il buon prete mi consiglia di distruggere quella mia vecchia gioia mondana, che oggi mi è occasione di rimorsi e di paure [C. Boito]), e il secondo – oggi spesso abusato – è quello che prende più le distanze dalla cosa suggerita, spesso però con finta imparzialità: l’avvocato propose di rinviare il processo di qualche giorno.