discorrere
discórrere v. intr. [dal lat. discurrĕre («correre qua e là», poi fig.), comp. di dis-1 e currĕre «correre»] (coniug. come correre; aus. essere nel sign. 1, avere nel sign. 2). – 1. letter. a. Correre qua e là, spostarsi rapidamente, diffondersi: Quale per li seren tranquilli e puri Discorre ad ora ad or sùbito foco (Dante); Vedea nel pian discorrere La caccia affaccendata (Manzoni). In senso fig., passare con la mente (o anche con la parola) da un concetto all’altro: col pensier discorre, D0ve sia per uscir via più sicura (Ariosto); di qui si svolge il sign. oggi comune del verbo. b. ant. Trascorrere, passare ad altro oggetto (materialmente, nell’azione, o anche in senso astratto): quantunque ogn’uomo naturalmente appetisca vendetta delle ricevute offese, i cherici ... più focosamente che gli altri uomini a quella discorrono (Boccaccio). Più rari i sign. di scorrere verso un luogo (detto di liquidi), e di derivare: da questo ... discorse uno uso quasi davanti mai non udito (Boccaccio). 2. a. Parlare ragionatamente su qualche argomento, svolgendo una serie d’idee (ma in modo piano e pacato, non con la solennità dell’oratore): discorse dottamente di varie questioni; ha discorso a lungo su tale materia; discorre bene. Più spesso, conversare insieme con altri, sia di argomenti serî e con una certa gravità, sia di cose comuni: d. di politica, di letteratura, di filosofia, d’arte, ecc.; d. accademicamente; d. del più e del meno; ne discorreremo con più comodo un’altra volta; a d. con lui non si conclude nulla; se ne fa un gran d., a proposito di voci che corrono, oppure (spec. riferendosi al passato, se n’è fatto, se ne fece un gran d.) di fatti che hanno destato curiosità e interesse. Il verbo richiede normalmente la prep. di (d. di affari), meno spesso sopra, su, intorno a; nell’uso ant. e pop. anche con compl. oggetto: vorrei d. la questione con te, dove si conserva il sign. originario, trans., di «percorrere, passare in rassegna con la mente o con la parola» (e cfr. il seguente passo di Machiavelli, Istorie fiorentine II, 3: benché alcuni discorressero i mali che da quella potessero seguire, il Mosca Lamberti disse che chi pensava assai cose non ne concludeva mai alcuna); la costruzione trans. rimane anche nella locuz. discorrersela con qualcuno, conversare placidamente oppure, in qualche caso, intendersela e sim. b. In varî contesti è sinon. di parlare, con cui si alterna nell’uso: non ne discorriamo nemmeno!, a proposito di cosa su cui non si vuole discutere; non mi far d., a chi ci provoca a dire quel che non si vorrebbe (ma spesso ha altro senso: «se volessi parlare, potrei dire cose che ti dispiacerebbero»); si fa per d., si fa tanto per d., per dire qualche cosa, senza dar peso alle parole; con lui non ci si discorre, non ci si può d., non c’è modo di d., di persona intrattabile, che vuol sempre aver ragione; discorre perché ha la bocca, di chi parla fuori di proposito. In altri casi, ha sign. più vicino a chiacchierare: gli piace d.; quanto discorri!; e a chi ci fa perdere tempo con le sue chiacchiere: tu hai voglia di discorrere. In comune col verbo dire ha invece la locuz. e via discorrendo, lo stesso che e via dicendo (cioè: e così via, eccetera). La maggior parte di queste espressioni sono sentite come regionali (soprattutto toscane); region. è anche la costruzione col dativo (gli discorrerò io) o con ci (sarebbe meglio che ci discorressi tu, dove ci = con lui, con loro), analoga alla costruzione di parlare: «gli parlerò io», «sarebbe meglio che ci parlassi tu». c. letter. Corteggiare, essere in rapporti affettuosi, essere fidanzati: dovevo sposare oggi una giovine, alla quale discorrevo fin da quest’estate (Manzoni). ◆ Part. pres. discorrènte, con funzione verbale, sia nel sign. di parlare, conversare, sia nelle accezioni letter.: i lunghi crin discorrenti dal collo (Foscolo), che cadevano sparsi dal collo. ◆ Part. pass. discórso, anche con valore passivo (ma non com.): le cose discorse fra noi.