dogana
(ant. doana o dovana) s. f. [dall’arabo dīwān, propr. «registro, ufficio»; v. divano]. – 1. L’ufficio preposto al controllo delle merci che attraversano, per entrare o per uscire, il confine dello stato, e all’accertamento e alla riscossione dei dazî doganali e di altri diritti dovuti per l’esportazione e l’importazione: bollo della d.; visto di d.; visita della d.; anche il personale dell’ufficio: la d. sale a bordo. 2. a. Il luogo dove tale controllo è esercitato: sosta alla d.; merci ferme in dogana. b. Anticam., il magazzino pubblico, o fondaco, dove si scaricavano e conservavano le merci giunte da fuori per assoggettarle a dazio prima d’introdurle nella città: in un fondaco, il quale in molti luoghi è chiamato d. (Boccaccio). 3. a. L’imposta riscossa dall’ufficio della dogana, detta più comunem. dazio doganale: pagare la dogana. b. ant. Tributo che le merci dovevano pagare per entrare, uscire o transitare per il territorio del paese (d. della terra e d. del mare, a Venezia e in Sicilia), e anche i diritti d’ancoraggio, di peso, di misura, di magazzinaggio, ecc. Per estens., l’insieme dei proventi ricavati dalla privativa del sale (d. del sale), quelli ricavati dai Pisani dall’estrazione del ferro nell’isola d’Elba, dato che le miniere erano di proprietà pubblica (d. del ferro), e quelli derivanti dalla concessione di pascoli (d. dei paschi, a Siena; d. della mena delle pecore, in Puglia), per cui il termine fu usato anche per indicare i pascoli di proprietà del comune non lasciati all’uso pubblico, ma dati in concessione.