dolomia
dolòmia s. f. [dal fr. dolomie, termine coniato (1792) dal naturalista svizz. H.-B. de Saussure, traendolo dal nome nel geologo fr. D. Gratet de Dolomieu che per primo distinse (1789) la dolomite dalla calcite]. – Roccia sedimentaria composta prevalentemente dal minerale dolomite CaMg(CO3)2, la cui tessitura è caratterizzata da un mosaico cristallino più o meno equidimensionale in cui i singoli cristalli romboedrici hanno dimensioni variabili da qualche micron alle centinaia di micron. Queste rocce, che sono più resistenti dei comuni calcari agli agenti esogeni, vengono impiegate come pietre da costruzione, come refrattario per altiformi e per l’estrazione del magnesio; in Italia sono abbondanti nelle Alpi orientali, ma presenti anche nell’Appennino centrale e in Sicilia. La maggior parte delle dolomie, sia antiche sia recenti, sono di origine secondaria, si sono formate cioè durante la diagenesi a seguito della trasformazione del carbonato di calcio in dolomite (dolomie di sostituzione). La formazione primaria di dolomite per nucleazione diretta con precipitazione da una soluzione e formazione di un deposito sedimentario (dolomite primaria), è piuttosto rara in natura, sebbene sia possibile in ambienti salini e ipersalini a intensa evaporazione (ambienti evaporitici).