dote
dòte (ant. o region. dòta) s. f. [dal lat. dos dotis, affine a dare come donum]. – 1. a. Tradizionalmente, il complesso dei beni che la moglie, o altri per essa, portava al marito come contributo agli oneri del matrimonio (l’istituto della dote è stato abolito nel 1975): d. ricca, povera; una bella d., cospicua; dare, assegnare in d.; costituire la d. a una nipote; portare in d.; ragazza senza d.; fig.: sposare la d., di chi sposa una donna solo per interessi economici: essere, andare a caccia di una d., cercare per moglie una donna molto ricca; campare sulla d. della moglie, ecc. Per la dote di paraggio, v. paraggio2. b. Per analogia, il complesso dei beni che una giovane porta al convento al momento di farsi monaca. 2. estens. a. Somma che lo stato o altro ente assegna a un istituto come contributo per il suo funzionamento: la d. assegnata alle biblioteche, a un teatro, ecc. Anticam., anche l’assegnazione annuale a principi e la destinazione di particolari entrate come fondi per l’estinzione del debito pubblico. b. letter. Donazione: Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, Non la tua conversion, ma quella dote Che da te prese il primo ricco patre! (Dante). 3. fig. a. Qualità positiva, fisica o intellettuale, avuta in dono dalla natura: le d. dell’animo, dell’ingegno; uomo ricco di doti; ha la d. della bellezza, di una voce meravigliosa, della parola facile, ecc. b. Pregio: la chiarezza e l’efficacia sono tra le principali d. di uno scrittore; le d. dello stile. c. letter. Dono, privilegio: celeste è questa Corrispondenza d’amorosi sensi, Celeste d. è negli umani (Foscolo). 4. In metallurgia, carica di solo coke che si immette nel cubilotto prima di iniziare l’operazione di fusione della ghisa, e che serve per preriscaldarlo e per preparare il cosiddetto letto di fusione. ◆ Dim. dotina e più com. doterèlla; spreg. dotùccia; accr. scherz. dotóna, e dotóne m.; pegg. dotàccia.