dunque
dùnque cong. e s. m. [lat. tardo dunc, prob. incrocio di dumque con tunc]. – 1. cong. Serve in genere a concludere un ragionamento: ponendo d. termine a questa discussione ...; a trarre una conseguenza o una deduzione: ha sbagliato, d. paghi; mi scrive dalla Germania, d. è tornato a lavorare lì; a riprendere un discorso: dicevo d. che ...; a esortare: suvvia, d., fatti coraggio; Va d., e fa che tu costui ricinghe D’un giunco schietto (Dante); a rafforzare l’espressione del proprio pensiero: perché d. dovrei andarci? Si adopera inoltre nelle interrogazioni imperiose: cosa succede d.?; e invitando a fare, a parlare, a confessare chi indugia: ti decidi d.?; d., sei stato o non sei stato tu?; anche da solo: dunque? In espressioni d’impazienza: ma d., perché non si parte ancora?; talora preceduto da o esclam.: o d., che si aspetta? 2. Come s. m., invar., nelle locuz. fig.: venire al d., alle conclusioni, alla parte sostanziale e concreta di una questione, tagliando corto ai preamboli e ai giri di parole; essere, trovarsi al d., al momento decisivo, quando si impone una risoluzione improrogabile, o quando si deve rendere conto di qualche cosa.