epodo
epòdo s. m. [dal lat. epōdos, gr. ἐπῳδός, comp. di ἐπί «dopo» e ᾠδή «canto1»; propr. «canto aggiunto»]. – Nella metrica e poesia antica, termine usato con varie accezioni: 1. Verso o colon di clausola a un periodo metrico (detto periodo epodico). 2. Secondo verso, più breve, di una strofe distica, e per estens. la strofe stessa composta, come in Archiloco e in Orazio, di un trimetro giambico più un dimetro giambico. Grammatici posteriori chiamarono Epodi il libro di iambi («giambi») di Orazio, composto prevalentemente appunto di epodi (un senario e un quaternario giambico). Indipendentemente dal metro, Carducci chiamò Giambi ed epodi una sua raccolta di versi. 3. Il terzo periodo di una triade strofica di un canto corale, dopo la strofe e l’antistrofe, spec. nella lirica e nella tragedia greca, o anche, nella letteratura italiana, nella cosiddetta «canzone alla greca», per lo più di soggetto encomiastico. 4. Ogni verso ripetuto in una stessa poesia come ritornello.