eroe
eròe s. m. [dal lat. heros -ōis, gr. ἥρως]. – 1. Nella mitologia di varî popoli primitivi, essere semidivino al quale si attribuiscono gesta prodigiose e meriti eccezionali; presso gli antichi, gli eroi erano in genere o dèi decaduti alla condizione umana per il prevalere di altre divinità, o uomini ascesi a divinità in virtù di particolarissimi meriti. 2. estens. a. Nel linguaggio com., chi, in imprese guerresche o di altro genere, dà prova di grande valore e coraggio affrontando gravi pericoli e compiendo azioni straordinarie: comportarsi, combattere, morire da e.; gli e. omerici, gli e. della Tavola Rotonda; un e. del Risorgimento; l’e. dei due mondi, titolo attribuito per antonomasia a G. Garibaldi; fig., fare l’e., esporsi ostentatamente e senza necessità a pericoli. Con uso antifrastico, di persona pavida: è proprio un vero e.; che e.!, che bell’eroe!; e per litote, non essere un e., avere doti normali (o anche limitate) di coraggio e di abnegazione. Talora è usato come agg.: un popolo eroe. b. Chi dà prova di grande abnegazione e di spirito di sacrificio per un nobile ideale: e. della fede, della libertà, della scienza; gli e. della carità. c. Protagonista, personaggio principale di un poema, di un dramma e sim.: gli e. dell’Ariosto, della Gerusalemme Liberata, del Metastasio. d. Usi estens. e fig.: l’e. di un’impresa, chi ne ha avuto la parte principale; l’e. del giorno, la persona che, in un breve periodo di tempo, fa più parlare di sé; scherz., l’e. della festa, della serata, chi fa la più cospicua figura; e. da palcoscenico, e. di cartapesta, e. da operette, che si atteggia ad eroe senza esserlo; e. della soffitta, locuz. (dal titolo di un poemetto, del 1880, di G. A. Costanzo) con cui si alludeva ad artisti desiderosi di gloria, ma soffocati dalle necessità dell’esistenza.