esagerare
eṡagerare v. tr. e intr. [dal lat. exaggerare, der. di agger «terrapieno»; propr. «ammonticchiare come un argine»] (io eṡàgero, ecc.). – 1. tr. Far parere maggiore del vero; presentare, rappresentare, o anche considerare, un fatto o una situazione in modo non conforme alla effettiva realtà, aumentandone il valore, l’importanza, la gravità: e. i proprî meriti, le proprie disgrazie; e. i pregi, i difetti (di una persona, di un lavoro, di un’opera); tu esageri (o anche tu ti esageri, cioè rappresenti a te stesso in proporzioni maggiori del vero) le difficoltà dell’impresa; i giornali hanno esagerato la portata dell’avvenimento. Usato assol.: tu esageri!; via, non esageriamo!; la situazione è davvero grave, non esagero; senza e., per insistere sull’obiettività di quanto si afferma: è, senza e., la persona più simpatica che abbia mai conosciuto; o come intr., con la prep. in: la stampa ha esagerato nella descrizione dell’incidente (o, con un verbo, nel riferire i fatti). 2. intr. (aus. avere) Superare i limiti della verità, della convenienza, del giusto; eccedere: e. nelle lodi, nel biasimo, nella punizione; e. in severità; e. nell’essere sospettoso, nel fare il pignolo; e. nel mangiare, nel bere; e. con gli acquisti; e assol.: è bene essere prudenti, ma tu esageri! Con accezioni sim., e con uso trans. o intr., anche nella rappresentazione o nell’espressione artistica: e. le tinte, i colori, gli effetti; e. nel gesto, nella voce, nella recitazione. 3. rifl., ant. Esagerarsi, alterarsi, riscaldarsi, mostrare in modo eccessivo la propria indignazione. ◆ Part. pass. eṡagerato, anche come agg. (v. la voce).