esca
ésca s. f. [lat. esca «cibo; fig., allettamento», dalla radice es- (alternante con ed-) di edĕre «mangiare»]. – 1. a. ant. Cibo degli animali e meno comunem. dell’uomo: quasi non rimasono colombi e polli, per difetto d’esca (G. Villani); in senso fig.: i’ non curo altro ben né bramo altr’e. (Petrarca). b. Nell’uso com. attuale, animaletti o pezzetti di carne o di altri organi animali, sostanze diverse o anche oggetti luccicanti, che si mettono all’amo per attirare e prendere i pesci. In senso più largo, qualsiasi allettamento per gli animali selvatici viventi in libertà, predisposto allo scopo di attirarli e catturarli. c. fig. Allettamento, lusinga per attirare o ingannare qualcuno: Prendi ... Goffredo a l’esca De’ dolci sguardi e de’ be’ detti adorni (T. Tasso); prender l’e., cedere alle tentazioni: Ma voi prendete l’e., sì che l’amo De l’antico avversaro a sé vi tira (Dante). 2. a. Materia vegetale facilmente infiammabile: era costituita da un fungo (Fomes fomentarius) imbevuto di una soluzione di salnitro, ridotto in strisce e fatto seccare, che si infiammava con le scintille prodotte dall’acciarino ed era perciò usata per dar fuoco alle polveri nelle antiche armi da fuoco. b. Usi fig.: essere asciutto come l’e., essere senza un soldo; bruciare, pigliar fuoco come l’e., esser facile all’ira, alla passione; dare e. a una passione, incitarla, fomentarla: dare e. all’ira, all’odio, all’amore; mettere l’e. accanto al fuoco, mettere altri o sé stesso nell’occasione d’innamorarsi, o di adirarsi, e sim.; aggiungere e. al fuoco, dar nuovi motivi a passioni o disordini. 3. In fitopatologia, esca della vite, malattia dei ceppi di vite (detta anche mal dell’esca o mal dello spacco), causata da funghi delle famiglie teleforacee e poliporacee, che si manifesta con spaccature longitudinali accompagnate da annerimento del legno. Anche, malattia dei tronchi di varî alberi come faggio e betulla, determinata da alcuni funghi (Fomes fomentarius, Fomes igniarius, e altre poliporacee), che penetrano nella pianta attraverso ferite e si sviluppano nel legno alterando la cellulosa e la lignina, trasformando il legno in una massa molle che ricorda l’esca usata per accendere il fuoco.