espressione
espressióne s. f. [dal lat. expressio -onis, der. di exprimĕre «esprimere», part. pass. expressus]. – 1. L’atto e il modo di esprimere, di comunicare ad altri quanto si sente, si pensa o si vuole: e. di un sentimento; l’e. della volontà; l’e. delle proprie idee; sei stato poco felice nell’e. del tuo pensiero. Per estens., manifestazione, estrinsecazione: le leggi sono e. de’ costumi d’un popolo (Tommaseo). 2. a. La parola, la frase, con cui si manifesta il pensiero o il sentimento: espressioni d’affetto, d’amore, di gratitudine, di ringraziamento, di dolore; l’ha definito con un’e. molto felice; nelle chiuse di lettere o sim.: con l’e. di tutta la mia stima; accolga le e. della mia riconoscenza. Quindi anche vocabolo, locuzione, come unità lessicale: e. popolare, poetica, letteraria, plebea, triviale; e. errata, scorretta; mi pare un’e. un po’ ardita. b. Con senso più generico, modo di esprimersi, con partic. riferimento alle qualità, all’efficacia dello stile: la forza, la vivacità, la proprietà, l’evidenza, la semplicità dell’e.; l’e. è rozza, incerta, inefficace, difettosa. 3. a. Il modo con cui si manifesta esteriormente, soprattutto negli atti del volto, nel gesto, nello sguardo, il sentimento interno o l’animo o anche le qualità naturali di una persona: aveva un’e. addolorata; mi guardò con e. di giubilo; i suoi occhi hanno un’e. intensa; avere un’e. intelligente; faccia, sguardo privi di espressione. b. Intonazione della voce corrispondente alle parole che vengono pronunciate: ha una voce senza e.; legge con molta e.; recita con chiarezza ma senza espressione. c. Nelle arti, forza espressiva: ritratto pieno di e.; musica ricca di e.; suona senza e. (con espressione è frequente anche come didascalia musicale). 4. In sociologia, e. culturale, il modo di pensare e di agire indicativo dei valori dominanti di un gruppo, e attraverso il quale si manifestano i principî culturali del gruppo stesso. 5. Con sign. più ampio, ciò che appare, che si manifesta, soprattutto nella frase e. geografica, con cui si è alluso polemicamente nel sec. 19° all’Italia, e più recentemente all’Europa, in quanto entità geografiche ben definite ma prive di unità politica. La frase l’Italia è un’e. geografica appartiene al principe di Metternich, cancelliere dell’Impero austriaco, che la incluse, in forma francese (l’Italie est une expression géographique), in una comunicazione fatta il 6 agosto 1847 ai capi di stato delle maggiori potenze europee sulla questione italiana, intendendo con essa porre in rilievo l’infondatezza storica e politica, alla luce dei principî conservatori che informavano l’azione diplomatica della Santa Alleanza, delle aspirazioni italiane all’indipendenza e all’unità. 6. In matematica, nell’algebra elementare, ogni scrittura che indichi formalmente il risultato di un numero finito di operazioni razionali (cioè le «quattro operazioni») e di estrazioni di radice (d’indice intero positivo), da applicarsi a determinati numeri o lettere; si dice razionale se in essa non intervengono estrazioni di radice, irrazionale nel caso contrario; aritmetica se in essa sono contenuti solo numeri, letterale se in essa sono contenute, in tutto o in parte, delle lettere. Più in generale, ogni scrittura che contenga operazioni anche più elevate, ivi comprese derivazioni, integrazioni, passaggi al limite, ecc. (nei singoli casi e a seconda del tipo di operazioni che in essa compaiono, può assumere denominazioni partic.: e. algebrica, differenziale, analitica, ecc.). Oggi si tende a usare il termine in senso sempre più largo, come sinon. di «insieme di simboli» avente un significato matematico. 7. In genetica, e. genica o di un gene, processo per cui la sequenza di nucleotidi di un gene viene trascritta in una sequenza corrispondente di acido ribonucleico messaggero (mRNA) e quindi tradotta in una catena polipeptidica.