espressionismo
s. m. [der. di espressione]. – 1. Movimento artistico nato e affermatosi in Germania al principio del sec. 20°, con l’intento di contrapporsi sia all’impressionismo francese sia al naturalismo conformista dell’epoca guglielmina; influenzato dall’arte di van Gogh, Ensor, Munch e Gauguin, e da quella dei fauves, rappresentava liberamente, senza il vincolo di regole e canoni, il mondo interiore dell’artista, attraverso immagini drammaticamente deformate, dai colori esasperati e violenti; si espresse attraverso varie correnti, rappresentate dal gruppo Die Brücke «Il ponte» (formato da artisti come E. Kirchner, E. Nolde, O. Müller, O. Kokoschka, uniti da uno spirito di protesta e ribellione e dall’interesse per le questioni umane e sociali), dal gruppo Der blaue Reiter «Il cavaliere azzurro» (formato da V. Kandinskij, F. Marc, P. Klee, ecc., più attenti a cogliere l’essenza spirituale della realtà attraverso immagini astratte) e da una tendenza più fortemente realista e impegnata nella descrizione degli orrori della guerra, del capitalismo, della mediocrità borghese (rappresentata da O. Dix, G. Grosz, M. Beckmann). Con riferimento alla pittura americana del dopoguerra, e. astratto, termine usato da alcuni critici per indicare l’action painting. 2. Dalle arti figurative il termine è stato esteso a indicare altre manifestazioni artistiche del sec. 20°, basate sulle stesse istanze soggettivistiche, per cui si parla di e. letterario, caratterizzato da un linguaggio a forti tinte, da temi esasperati e fantastici, dall’interesse per la tragica condizione dell’uomo (per es. in autori come F. Kafka e B. Brecht; per l’ambito italiano, cfr. la voce espressivismo), di e. cinematografico, per indicare i film prodotti in Germania tra il 1913 e il 1924, e di e. musicale, con riferimento alla corrente rappresentata dopo la prima guerra mondiale da alcuni compositori dell’Europa centro-orient., raggruppati intorno a A. Schönberg, la cui musica tendeva all’atonalità e alla rottura con gli schemi tradizionali. In senso più generico, viene usato per qualificare aspetti dell’arte o della letteratura, anche classica e medievale, caratterizzati da una particolare drammaticità, in contrapp. allo stile oggettivo e rappresentativo o classicheggiante proprio di altre epoche e di altre correnti: l’e. dell’arte romana del 3° sec. d. C.; l’e. gotico; l’e. linguistico degli scrittori dialettali.