estasi
èstaṡi s. f. [dal lat. tardo ecstăsis, gr. ἔκστασις «turbamento o stato di stupore della mente (per paura, dolore, ecc.)», der. di ἐξίστημι «mettere fuori» e, come intr. e nel medio, «uscire di sé»]. – 1. Genericam., stato di isolamento e d’innalzamento mentale dell’individuo assorbito in un’idea unica o in un’emozione particolare; più propr., nella mistica, il rapimento dell’anima che al culmine della sua esperienza religiosa, perduta la coscienza del mondo fisico e di ogni legame corporeo, si innalza alla contemplazione del divino ed entra in immediata comunione con esso: essere rapito in e., andare in estasi. Nell’uso com., fig., essere in e., andare in e., essere compreso d’intensa ammirazione, provare vivo godimento per cosa che riempia di sé tutta l’anima: andare in e. davanti a una statua, nel sentire la musica, nel guardare un tramonto; e mandare, rapire in e., mettere in tale condizione di spirito; fam., essere in e., di persona che appaia assente con la mente, distratta. 2. Per analogia, in psichiatria, manifestazione accessionale osservabile in soggetti nevrotici (isterici, mitomani) o psicotici (schizofrenici, paranoici, ecc.), caratterizzata da stupore, smarrimento dei sensi e dell’intelletto. 3. non com. Forma italianizzata dell’ingl. ecstasy (v.).